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L'angelo sterminatore

Regia di Luis Buñuel vedi scheda film

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La recensione su L'angelo sterminatore

di champagne1
10 stelle

Dopo aver presenziato ad un evento musicale, alcune persone dell'alta società vengono invitate ad un ricevimento in una ricca dimora in Calle de la Providencia. Mentre stranamente la servitù cerca scuse di ogni tipo per affrettare il proprio ritorno a casa, al calar della notte tutti i convitati, pur dichiarandosi stanchi o pieni di impegni per il giorno successivo, decidono di restare ospiti del padrone di casa. Quest'ultimo sarebbe disponibile a offrire loro le camere da letto per potervicisi riposare, ma ognuno si accomoda come può in quello stesso salone, lasciandosi andare ad atti poco formali che sembrano suscitare scandalo, ma che poi tutti seguono (togliersi la giacca, sbottonarsi la camicia, appisolarsi per terra). Al mattino successivo quando il maggiordomo (l'unico dei camerieri a non essere "fuggito") arriva per servire una improvvisata colazione, di'improvviso si accorge che anch'egli non riesce più a uscire da quella stanza. Col passare delle ore (e poi dei giorni), nonostante la fame e la sete e soprattutto le precarie condizioni igieniche, tutti gli ospiti - pur avendo apparentemente la facoltà di andarsene in qualsiasi momento - continuano a restare lì sempre più abbrutiti. In tale claustrofobica e assurda situazione si manifestano ed esplodono le meschinità di ognuno e i diversi caratteri degradano, scoprendo piccinerie e squallori. Succedono cose piccole e altre più gravi (per esempio, due innamorati si uccidono), ma nessuno riesce a varcare una soglia aperta (né dall'esterno si riesce ad entrare per fornire aiuto) e si continuano a ripetere in una sorta di indifferenza generale per innumerevoli volte i soliti gesti, le stesse preghiere (alla Vergine o al Diavolo), le solite discussioni ...

Bunuel gira L'Angelo in Messico, dall'esilio a cui era stato obbligato dal regime franchista. E' un film degli anni maturi (aveva 62 anni) in cui sono evidenti i temi surrealistici, antiborghesi e anticlericali, che già avevano caratterizzato la sua produzione precedente.

Il film potrebbe essere considerato come la messa in scena della vita e dell'iterazione casuale ma continua dei soliti gesti, dei soliti sussurri, in cui tutto si muove per stare in realtà fermo. E' la messa in scena dell'immobilismo, allegoria di una classe sociale immobile (la borghesia) e del suo destino.

Ancora a distanza di tanti anni appare cinico, violento, potente, con una forza d’impatto simboleggiata ad esempio dalla presenza di un orso e tre agnelli, forse  pura apparizione incongrua tipicamente bunueliana, certamente con una funzione narrativa piuttosto vaga eppure perturbante soprattutto nel destino degli agnelli stessi.

Visionario e profetico, il Bunuel politico parla di una società  che si consuma per autocombustione, ma tenta di difendere incessantemente la sua sopravvivenza.

In fondo quando la padrona di casa apre la tenda, dietro cui si era nascosta per fare sesso con l'amante (ma dove tutti sapevano che si celava), e si accorge che il gruppo è disposto nel salotto nello stesso identico modo di quando il presunto incantesimo era iniziato, ecco che chiedendo a ognuno di replicare le stesse battute e gli stessi movimenti lo riesce finalmente a rompere.

Secondo Bunuel la borghesia riacquista potere ri-avviando ogni volta il proprio ciclo biologico, supera ogni crisi storica rinascendo dalle proprie ceneri. Ma, come avverte la sequenza finale della Cattedrale, la crisi resta sempre in agguato, in attesa di una riproposizione e magari di una soluzione finale (vedi gli scontri in piazza).

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