Regia di Luis Buñuel vedi scheda film
Dopo una piacevole serata a teatro, un gruppo di borghesi si ritrovano a cena in una villa. La piacevole serata, che si è protratta anche più del dovuto, termina ma, nessuno sembra capace di abbandonare la villa. Qualcosa di indefinito e inspiegabile impedisce agli invitati di varcare la soglia dell’abitazione che diventerà dimora di sopravvivenza e di sventura.
La convivenza forzata mette in luce la vera natura dell’essere umano e così la cortesia e l'educazione svaniscono, rivelando una vena profondamente egoistica nei personaggi, che cadono sempre più nel degrado. Questo contesto è volto a criticare la società borghese, spesso bersaglio dei film di Buñuel, intrappolata nel suo vuoto, caratterizzata dalla ripetizione di incontri insignificanti e da regole che costringono gli individui a recitare ruoli prestabiliti. La situazione diventa un meccanismo inceppato, mostra come gli esseri umani siano immersi in un'esistenza senza significato.
La concezione della vita, con i suoi vizi e virtù, risiede nell'individuo che non manca di mostrare il rifiuto al cambiamento di una classe sociale e dell’umanità. Questi individui sono bloccati in una condizione dalla quale non possono sfuggire, pur senza individuare mai la reale ragione del loro impedimento. Questi individui crollando continuamente, si lamentano del nulla e tentano di rivendicare un individualismo collettivo imponendosi la sopravvivenza attraverso azioni ripetitive e spesso insignificanti.
L’angelo sterminatore è un film pieno di simbolismi, basti pensare all’orso addomesticato o piuttosto al gregge di pecore (che compare ben due volte durante la visione) che stanno ad indicare, ancora una volta, il modo in cui il regista vede la classe sociale rappresentata. Una pellicola da recuperare e riscoprire.
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