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Anatomia di un rapimento

Regia di Akira Kurosawa vedi scheda film

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Neve Che Vola

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Anatomia di un rapimento

di Neve Che Vola
10 stelle

Butto lì semplicemente alcune impressioni, non una opinione, sul film che ho appena rivisto per la seconda, doverosa volta. Non tanto perchè la prima fosse stata un successo, quanto perchè la versione italiana ha circa 35-40 minuti di meno dell'originale nipponico.
Sembra incredibile che ci si sia potuti permettere un simile taglio, considerando non solo che si tratta dell'opera di un maestro riconosciuto, ma che il taglio non riguarda esclusivamente un frammento senza soluzione di continuità e magari tutto sommato escludibile, ma per mantenere la coerenza della storia si sono dovute eliminare tutte le scene collegate al taglio iniziale.

Trattandosi di un regista di questo calibro, riesce difficile immaginare che anche una sola scena possa essere eliminata senza danneggiare l'equilibrio del racconto, e il "come" si va a far benedire.
 Probabilmente per questo, questa mia seconda visione si è rivelata nettamente più soddisfacente, il film mi è parso eccellente, nonostante la noia dei sottotitoli perdipiù in inglese (la mia versione è quella restaurata benissimo della Criterion), noia che se posso evito con gioia.

Come mia consuetudine, se posso evito di leggere i riferimenti cari al regista, quindi azzardo solo e semplicemente alcune osservazioni di intuito e molto superficiali, più che altro per divertimento (per il resto si legga l'opinione di yume e di altri).

La scena dei bassifondi coi drogati è impressionante non solo per il tipo di estetica visiva che mi pare anticipare quella de "L'ultimo uomo della Terra" con Vincent Price (che però è dell'anno appena successivo), quanto per l'uso sapiente della musica e dei rumori (si ode come un respiro affannoso ed una specie di voce di soprano orrorifica e distorta, forse uno strumento elettronico, non sono riuscito a capire).
La figura dello studente "dannato" Ginjiro Takeuchi, condannato a vivere all'Inferno e all'invidia verso il "beato" Gondo San la cui bella casa osserva dal basso della sua baraccopoli, mi ricorda fisicamente molto da vicino il nervoso Norman Bates di Anthony Perkins da Psycho, anche qui una casa in basso rispetto all'altra come paesaggio base.
La droga che cade di mano a Ginjiro mentre il braccio è tenuto dai poliziotti, anch'esso mi ha ricordato da vicino la scena in cui il coltello cade dalla mano di Norman Bates trattenuto alle spalle. Perfino Gondo San che esaudisce l'ultimo desiderio del condannato mi ha ricordato la scena di chiusura di Psycho, quando Norman chiede una coperta.
I volti dei due uomini l'uno di fronte all'altro non sono mai puri, quando l'uno è inquadrato si osserva il riflesso sul vetro dell'altro, quasi a simboleggiare il titolo "Tra cielo e inferno", in cui è difficile fare nette divisioni, l'inferno vive nel beato come riflessi di beatitudine nel dannato.
Anche la saracinesca che si chiude mi ricorda il movimento delle catene che tirano l'auto fuori dallo stagno in Psycho e la finale divisione simboleggiata dai titoli di Saul Bass.
Era solo questo singolare richiamo cui volevo accennare.

"Eri davvero così sfortunato?"

chiede Gondo al povero studente.

Dopotutto, anche dalla radio gli erano giunti echi del cielo, sotto le sembianze delle note del Thema e la Prima Variazione dal quarto movimento del Quintetto in LA per piano ed archi di Schubert detto "La trota" appunto perchè tale tema è basato sul suo stesso lied "La trota".

Per il resto, tutto rimane sospeso dentro di me, in attesa di una terza visione, ed è così che mi piace che sia.
Forse non è ancora venuto per me il tempo di apprezzare in pieno quest'opera, o forse mai verrà. Non ha alcuna importanza.

Sulla colonna sonora

Si ode Schubert, bravo Kurosawa, tu sai come non stordire il prossimo.

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