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Querelle de Brest

Regia di Rainer Werner Fassbinder vedi scheda film

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La recensione su Querelle de Brest

di kotrab
10 stelle

Querelle è l'estremo atto pessimistico, oppressivo e disperato del grande R. W. Fassbinder, la personale visione e "rilettura" del magnifico, denso, compatto e insieme sfaccettato romanzo di Jean Genet, da cui derivano i diversi livelli narrativi (i monologhi del tenente Seblon [F.Nero] e, come in Effi Briest, la voce fuori campo [H. Thate] e le citazioni su schermo bianco).
E' una spudorata ricerca di identità dominata da meccanismi di sopraffazione sempre in bilico tra delitto e amore (che sia fisico e/o spirituale), ipnotizzata dal mistero del doppio, tema già affrontato in Despair (il legame tra Querelle [B. Davis] e l'amico Gil nonché col fratello Robert, entrambi interpretati da Hanno Poschl; il confronto che fa Lysiane [J. Moreau] tra gli stessi Querelle e Robert) e dallo scontro tra narcisismo e rapporto con l'altro, orgoglio e abbandono alle passioni. L'erotismo trasuda letteralmente con gli umori vitali dei personaggi, senza che venga mai esibito un corpo nudo integralmente (o quasi), e impregna l'atmosfera come le scenografie falliche e gli arabeschi dei vetri (membri di pietra o disegnati tramite forme geometriche pure, o smaccatamente stilizzati nei tipici disegni osceni delle latrine). Estasiante, irreale, magnificamente artificiosa, poetica e incommensurabile la messinscena in studio curata da Rolf Zehetbauer, violenta e ugualmente soffusa nei toni arancioni, gialli, marroni e (in minor misura) bluastri, esaltati dalla fotografia imperiosa di Xaver Schwarzenberger, come perfetto l'intero cast.
Un testamento imprevisto (Fassbinder aveva già in progetto altri film ambiziosi, ancora con Franco Nero, come testimonia il grande attore), coronamento di una carriera geniale ma anche altalenante.
Malgrado l'opinione corrente, l'operazione di filmare letteratura non si legittima affatto attraverso la trasposizione, possibilmente congeniale, di un medium (letteratura) in un altro (film). Il lavoro filmico su un soggetto letterario non deve quindi avere lo scopo di realizzare con la massima fedeltà le immagini che la letteratura produce nel lettore. [...] Non riesco a immaginare il mondo di Jean Genet, e quindi neanche la trasposizione filmica di questo mondo, in esterni reali, perché ogni azione, ogni gesto, ogni sguardo significa sempre qualcos'altro, sempre qualcosa di più grande, di sacro. (RWF)
[...] E ora che il film è finito, posso dirvi cosa è [Lysiane]: la donna, la Vergine Maria, l'amante, la madre, la figlia. (Jeanne Moreau)
Marcel Carné fu l'unico a volerlo insignire del Leone d'oro alla Biennale di Venezia del 1982, ma naturalmente ancora vinsero i timori, i compromessi e i moralismi delle menti tarpate.
Alla mia prima visione (2006) fui certo sorpreso e affascinato ma anche disorientato, diventando poi consapevole della sua portata artistica alle successive visioni. 10

Sulla colonna sonora

Musica originale altrettanto irreale, soffusa e quasi mistica di Peer Raben.

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