La recensione su Il sole sorgerà ancora

Voce off iniziale: "Questa è la Parigi di oggi, ma la nostra vicenda si svolge in un'altra Parigi, la Parigi del 1922, poco dopo quella che si era soliti chiamare la Grande Guerra. Facevamo parte di quella straordinaria generazione di giovani che continuava a vivere come se fosse sempre prossima a morire. Il numero 49 di Avenue de l'Opéra era il centro della nostra abituale zona di lavoro, ma nelle ore libere ci trasferivamo dall'altra parte della Senna, in un mondo di bohémien, poeti, pittori e scrittori". Jake Barnes (Tyrone Power) è un giornalista americano che una ferita di guerra ha reso impotente: innamorato dell'affascinante infermiera Brett Ashley (Ava Gardner), si è trasferito a Parigi per non costringere la donna a un'esistenza di sacrifici al suo fianco. Brett, prossima alle nozze, torna a trovarlo: anche lei lo ama ancora e non l'ha mai dimenticato, per questo ha scelto di sposarsi ("È l'unico modo di uscirne"). Jake, poi, parte per una breve vacanza in Spagna insieme all'amico Bill (Eddie Albert) e a Pamplona, dove giungono per assistere alla celebre Fiesta di San Fermin, incontra nuovamente Brett, stavolta accompagnata da un vecchio amico di Jake, lo scrittore ed ex pugile Robert Cohn (Mel Ferrer) e presto raggiunta dal futuro marito Mike (Errol Flynn). La comitiva di amici assiste in apparente armonia alle celebrazioni della Fiesta e alla corrida, ma ben presto esplodono le prime tensioni, scatenate dalla gelosia di Mike per le avances di Robert verso la sua compagna. Brett, però, non ama nessuno dei due e quando viene scoperto un suo flirt con il famoso torero Pedro Romero (Robert Evans), la tensione degenera nel dramma.
Sfarzosa produzione Fox realizzata da Darryl F. Zanuck, che acquisì i diritti di sfruttamento cinematografico del romanzo da Howard Hawks, e diretta da un Henry King quasi a fine carriera (il suo ultimo film uscirà cinque anni più tardi e sarà un'altra, anch'essa non perfettamente a fuoco, versione di un classico della letteratura americana del Novecento, ovvero Tenera è la notte, da Francis Scott Fitgerald): la sontuosa rilettura hollywoodiana orchestrata da King e dallo sceneggiatore Peter Viertel (con l'evidente zampino di Zanuck) liquida e banalizza, però, il capolavoro di Hemingway (1926) riducendolo a un focoso e coloratissimo melodramma su un uomo impotente e una donna ninfomane perduti in un amore impossibile. Ben poche tracce, infatti, restano del caustico ritratto sull'autodistruttiva lost generation a stelle strisce in trasferta europea che lo scrittore americano tratteggiava nel suo romanzo: eccessivamente verboso e ridondante, sorretto dal carisma degli attori e dal mestiere della regia di King, che riesce a sfoderare nelle sequenze della Fiesta anche un convincente impatto spettacolare, Il sole sorgerà ancora risulta sicuramente più godibile per le inaspettate raffinatezze della messinscena, che ammanta di umori malinconici la rievocazione dei rapporti tra i personaggi per poi scuoterli con improvvise impennate d'ironia, annaspando, invece, quando il versante sentimentale della vicenda straborda con inutile magniloquenza oltre le soglie di guardia. Magnifica fotografia in Cinemascope del grande Leo Tover (quarant'anni di gloriosa carriera, con titoli, tra i tanti, come L'ottava moglie di Barbablu, La fossa dei serpenti, L'ereditiera, Ultimatum alla Terra, L'avventuriero di Hong Kong, I diavoli del Pacifico) e splendido cast d'interpreti: al quintetto di affiatatissimi protagonisti principali si aggiunge, inoltre, un'esuberante e irresistibile Juliette Gréco. In definitiva, una delusione a metà, con molte pagine affascinanti stemperate spesso frettolosamente in un velo di aurea mediocritas.