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Resident Evil

Regia di Paul W. S. Anderson vedi scheda film

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La recensione su Resident Evil

di EightAndHalf
5 stelle

L’Alveare è l’inizio della Fine. Il luogo sotterraneo in cui tutto è rinchiuso, in cui le grandi aziende farmaceutiche nascondono i loro veri intenti e le loro vere scoperte, mentre alla luce del Sole vendono televisori o altri gadget tecnologici. Sopra l’Alveare sta pure una copertura “sentimentale”, una donna sposata con un uomo, necessari entrambi per salvaguardare l’ingresso all’immensa struttura sotterranea abitando una villa sperduta nei pressi di una collina. Ma un virus ultra-pericoloso sta implodendo dentro quella struttura, e si deve cercare il modo di venire fuori senza portarselo appresso. Resident Evil propone così elementari frammenti di trama (con qualche digressione complottista e alcuni twist misurati) per divertire e nulla più. Guai a chi cerca altro, qui si gioca su livelli bassi. E allora vediamo cosa ci si potrebbe aspettare dai livelli bassi dei puri divertissement: 1. di certo un ritmo concitato, che Anderson simula, più che ottenere, tramite una regia stile videogame (ma il film viene da un videogame, è giusto così!) e una musica sempre uguale che strania eccessivamente nel momento in cui si vorrebbe generare paura ma si genera solo poca adrenalina; 2. personaggi relativamente simpatici, per cui provare l’empatia necessaria atta a sospirare per loro, e desiderare che sopravvivano: cose che Resident Evil non ha, perché la Jovovich, nonostante il bel faccino, ha metà sex appeal di quanto vorrebbe (e vorremmo), e la Rodriguez è sempre uguale a se stessa (tra Machete e Fast & Furious) per destare vera simpatia (gli uomini, inutile dirlo, sono tutti insignificanti); 3. buone scene action, e qui non siamo troppo lontani dal primo punto, ma il fatto che nessuno provi a sparare in testa a tutti quegli zombie, che imperterriti si rialzano e ricominciano a camminare, dimezza di molto la tensione, ché a quel punto nessuno merita più di vivere, almeno a livello intellettivo (l’unica scena d’azione veramente degna di questo nome è quella con i cani; le altre sono tutte pretestuose e ripetitive); 4. una bella storia, e qui le scopiazzature regnano incontrastate senza destare reale interesse. E allora perché questo desiderio spregiudicato e insinuante che chiede (non supplica) di vedere i seguiti? Curiosità, masochismo, un fastidioso cliffhanger, aspirazione a vedere un po’ di gore più brutale e meno innocuo (non fa impressione nemmeno lo squartamento “quadrettato” dell’agente di colore, non si vede nulla!), tante piccole cose che portano alla visione dei sequel, senza sicuramente grandi aspettative. E poi il fatto che il film passi via, senza lasciare nulla ma neanche senza farsi sentire minimamente in fatto di tempo, questo è un merito che non si sa a chi o cosa affidare. Forse in questo caso, più che spezzettare il film, si dovrebbe guardare al complesso: e chi adora i videogame, o gli zombie, o l’action violento, trova pane (briciole) per i suoi denti. E magari si accontenta pure, beato lui.

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