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Eva

Regia di Joseph Losey vedi scheda film

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La recensione su Eva

di alan smithee
8 stelle

La fama a volte si guadagna con fatica, a volte è un dono di natura che va solamente ben gestito; altre volte invece la si compra…..o la si ruba.

Uno scrittore inglese di nome Tyvian Jones, corteggiato e lodato presso i più prestigiosi incontri culturali e mondani dell’alta borghesia di primi anni ’50, vivacchia di luce riflessa nella Venezia ingrigita di mezza stagione, trascinandosi di locale in locale. La fama che lo circonda, in realtà è frutto di un clamoroso ma non ben definito plagio, e l’ansia di produrre qualcosa degno dell’opera che lo ha reso famoso, spinge l’uomo verso una sorta di perdizione senza ritorno.

Intanto un produttore cinematografico, nemmeno molto segretamente innamorato della sua bella fidanzata Francesca, si appresta a trasporre l’opera del protagonista, in un adattamento destinato a venir presentato proprio alla Mostra del Cinema in laguna.

L’incontro con la prostituta seducente di mezza età di nome Eva, piazzatasi in casa dell’autore, in Laguna, durante una notte di bufera assieme ad un suo facoltoso cliente, fa perdere completamente la testa all’uomo, che inizia pure a respingere la fidanzata.

Completamente in balia della donna, l’uomo si spingerà a tornare a Venezia con lei, ospitandola non a casa sua, ma nel più lussuoso degli alberghi della città lacustre, ove la donna lo costringerà anche a pagarle la prestazione; la volta successiva, tornati a frequentarsi nella casa veneziana dello scrittore, i due vengono scoperti dalla bella fidanzata dello scrittore, che disperata finirà con l’ammazzarsi. Stravolto, l’uomo mediterà di vendicarsi, ma da codardo insicuro finirà per divenire ancor più succube della donna.

Una Venezia disadorna e fredda come la morte fa da scenografia gelida, pallida e pertinente a questa storia di aridità ed arrivismo con cui Joseph Losey, che traspone un romanzo del celebre filone letterario poliziesco francese “Série Noire risalente al ’46 scritto da James Hadley Chase, ci stupisce con riprese mobili ardite e di grande carisma mentre insegue i capricci dei vari tormentati ed inquieti personaggi, ci descrive una società arricchita e vuota che cerca disperatamente emozioni genuine, ispirazione, voglia di vivere e raccontare, senza riuscire più a provare emozioni se non a prezzo molto caro in termini di stima personale e sepoltura di ogni residuo spazio di orgoglio personale.

Jeanne Moreau, più seducente che realmente bella, come in effetti è sempre stata sin dalla giovinezza, è perfetta a rappresentare il cinismo che riesce a lavorare lentamente e a far soccombere ai sui piedi l’uomo inteso nella sua intera categoria. Il suo personaggio approfittatore, perverso, bugiardo, rispecchia i valori di una società decadente che tenta di ritrovare l’emozione genuina dedicandosi inutilmente all’arte: lei invece, scaltra, sfrutta queste ingenuità e percorre la sua strada sicura di riuscire a raggiungere la sua unica soglia di soddisfazione: quella che solo il denaro è in grado di darle.

Perfetto contraltare della splendida, solare ed ingenua Francesca, a cui Virna Lisi dà volto con una meravigliosa coerenza, dimostrando ancora una volta l’abilità di Losey a giostrarsi sulla scelta di un cast che contrappone così validamente due canoni femminili così diametralmente opposti.

Al limite della maniera, ma coerente con le sfumature controverse del suo protagonista, Stanley Baker ci offre un ritratto sopra le righe ma anche potente di una discesa verso gli inferi da parte di un truffatore senza arte né parte.

Nel ruolo del potente produttore, e voce di una coscienza ormai quasi sotterrata ed annientata, troviamo un altro attore italiano, il grande Giorgio Albertazzi, all’interno di una coproduzione franco-italiana di respiro internazionale, ma girata ed ambientata interamente nel nostro paese.

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