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Napoli New York

Regia di Gabriele Salvatores vedi scheda film

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Souther78

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La recensione su Napoli New York

di Souther78
6 stelle

Interessante ma un po' troppo superficiale da un lato e inverosimile dall'altro. Un po' troppo buonismo nell'apologia degli italiani in USA e nell'accostamento alla causa del razzismo verso i neri. Bravi i giovani interpreti, un po' sprecato Favino, in un dialetto non suo e in un ruolo un po' insipido. Comunque ben sopra la media dei film di oggi.

La vita a Napoli nel dopoguerra e la ricerca della salvezza in America si mischiano ad accenni di campanilismo e buonismo, in cui l'apologia dei migranti italiani si fonde con quella dell'antirazzismo in una cornice alquanto inverosimile e forzata.

I piccoli protagonisti regalano spessore all'opera, rubando la scena ai "grandi", a partire da un Favino qui ampiamente fuori ruolo (e accento). 

 

Il film ha aspirazioni didascaliche e storiche, che ne minano in principio il risultato: nonostante la trama sia tutt'altro che verosimile, non raggiunge mai vette di commozione o reale coinvolgimento, rimanendo un po' troppo in superficie rispetto ai veri e propri drammi e vicende umane sottese a queste migrazioni che somigliavano più a fughe.

 

Italiani in America ghettizzati, emarginati, maltrattati e disprezzati. Certo, però, Agnese non è nè Sacco nè Vanzetti, e l'apologia di una assassina per motivi etnici sembra del tutto fuori luogo. Di casi di italiani perseguiti e condannati in USA per la loro origine ne abbiamo di eclatanti, e non certo casi di omicidi premeditati a sangue freddo. Alquanto imbarazzante, poi, l'"obbligo morale" di accostare l'apologia dell'italiano a quella del nero, per giustificarla. Peraltro bisogna pure avere il coraggio di essere onesti intellettualmente e non soltanto esternare vittimismo: gli italiani poveri che scappavano dalla povertà di sicuro non esportavano un'immagine di cultura, pulizia, igiene, onestà e perfetto inserimento sociale. Molti italiani emigrati non hanno neppure insegnato l'italiano ai propri figli, perchè si confondessero totalmente con la cultura locale, e questo semmai è spiacevole, triste, e anche stupido, in quanto la lingua italiana, con la sua complessità e ricchezza, è in grado di aprire orizzonti e pensieri che chi parla solo una lingua povera come l'inglese non sperimenterà mai.

 

Nel bilancio finale apprendiamo che quasi 20 milioni di italiani sono scappati in USA dal tempo dell'unità d'Italia, in circa un secolo. Questo è interessante, poichè lascia intuire, pur senza minimamente trattarlo, quanto è realmente accaduto con la cosiddetta "unità", cioè l'invasione e l'occupazione di un libero regno (borbonico), dove vigevano ordine, prosperità, arte, e bellezza, per mano di un manipolo di MASSONI, capeggiati dal criminale Garibaldi, fiancheggiati dalla marina militare inglese, che, con corruzione e cannoni hanno occupato il Regno delle due Sicilie, i cui immani tesori sono stati rubati dai Savoia, anche per ripagare i debiti nei confronti dei Rothschild, che avevano (come sempre) finanziato la guerra, per poi imporre debiti mostruosi e così assumere il controllo di interi popoli.

 

Quando vedremo un film dedicato a questi temi, e alla vera origine della povertà nel sud Italia? Mai, oserei dire, in un mondo e in un panorama cinematografico controllato da quegli stessi Rothschild e massoncelli loro succubi.

 

In conclusione, un'opera ambiziosa ma a tratti troppo inverosimile e forzata per essere gradevole. Le atmosfere e i protagonisti la sollevano decisamente, rendendo comunque il risultato finale godibile e di discreto livello di intrattenimento.

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