Regia di Paolo Sorrentino vedi scheda film
Ma dove è finito Sorrentino?
Ma dove è finito Sorrentino? O dove è finita l’idea che avevo di Sorrentino, forse…Il film mi è sembrato per lunghi tratti terribile, addirittura uno strazio arrivare alla fine della prima ora (ne dura due circa). Per fortuna c’è Silvio Orlando, e per fortuna c’è Peppe Lanzetta, e la sua figura di Cardinale “sui generis”. Ma la prima ora….ho messo pure i sottotitoli, perché anche con le dizioni non ci siamo (il film è su Netflix), poi li ho lasciati, e ho fatto bene.
Il film punta troppo sulla protagonista, quasi esordiente, e quasi mandata al massacro. Lei è carina, certamente una bella ragazza, ma non è COSI’ bella da giustificare tutti i vari complimenti e le situazioni presenti in sceneggiatura. Erotismo, poi, zero. Come attrice, se la cavicchia, ma non se la cava, ma non era neanche giusto metterle il film sulle spalle. Tanti sguardi, tanti sorrisetti, tanta recitazione di maniera, ma in definitiva il film tutto è afflitto da manierismo, da Sorrentinismo, da una imitazione dello stile e dei grandi film passati (di Sorrentino stesso), e infatti la sensazione, per tutto il film, è di quella di vedere qualcosa di artefatto, di falso, in fondo. Tranne quando c’è Orlando, certo, ma lui è un attore mostruoso, si sa.
La storia è quella di questa ragazza, Parthenope, figlia di ricconi sfondati, sempre un po’ svagata e disinteressata, alla fine si laurea in antropologia e diventa professoressa. Fine? Più o meno. C’è anche un fratello, un fannullone impenitente, morbosamente attratto dalla sorella, la quale non lo mette al suo posto, anzi, pare pure dargli corda, e come le dirà la madre, correttamente, sarà della sorella la colpa di quanto accadrà (non anticipo).
I dialoghi sono spesso irreali, nessuno parla così, forse qualche psicopatico, sembrano scritti e recitati, come sono in realtà, e si vede. La storia è piuttosto pesante e in definitiva suscita ben poco interesse. Ancora una volta, l’altra protagonista è Napoli, e questo ha un tantino fracassato le palle (ora arriva pure un altro scudetto, aiuto) con tutto il bene che si può volere, e una e due e tre, ma anche basta; che poi la napoletanità (ma forse anche l’italianità) si può brevemente e facilmente riassumere nella cosa più azzeccata del film: da Parthenope, un nome poetico e aulico, a Partè, come la chiamano tutti, in maniera molto più prosaica e popolare, è un attimo. Dalle vette agli abissi, insomma, esagerando.
E che bello se la protagonista, al centesimo personaggio che le chiede “Ma a cosa stai pensando?” avesse detto “A stucazzo!”. Che poi, sai chi se ne frega a cosa stava pensando Parthenope.
Spiace, altro ce ne sarebbe da dire, forse, ma in sintesi il mio voto è 4/5; il film fu primo per incassi settimanali in Italia, record assoluto tra l’altro per un film di Sorrentino, se ho visto bene. Il film ha spaccato la critica (FilmTv, comunque, lo promuove con una media di 7,2); il grande pubblico ha mediamente promosso, senza slanci, però. Partecipò senza fortuna a Cannes.
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