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Hollywood Ending

Regia di Woody Allen vedi scheda film

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FABIO1971

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La recensione su Hollywood Ending

di FABIO1971
6 stelle

Al suo trentaduesimo film (e a 66 anni suonati) Woody Allen prova a riflettere sul suo status d'autore, ironizzando sulla propria carriera, sul suo mestiere e sull'universo dorato di Hollywood: interpreta Val Waxman, regista di successo ora in declino ("I film migliori li ha fatti dieci anni fa, poi è diventato un artista"...) ed ipocondriaco fino all'eccesso ("Quell'altra pillola che ho preso serve a tenermi asciutto quando fuori piove", ma ancora più irresistibili sono i commenti di Téa Leoni alle sue pseudo-malattie, dalla peste bubbonica all'allergia all'ossigeno), che deve girare un film su New York (con tanto di omaggio a "Manhattan": "è una città in bianco e nero, odora di vecchie pellicole") per conto della compagnia del produttore (un Treat Williams in gran forma) che gli ha portato via l'ex-moglie Ellie (Téa Leoni, la scelta più felice del cast). È proprio lei ad averlo proposto al suo nuovo compagno, vincendo lo scetticismo delle alte sfere della major perchè convinta che sia il regista più adatto a cui affidare il copione che ha tra le mani. Val inizialmente vorrebbe declinare l'invito ("Quel tizio mi ha rubato la moglie", si lamenta con il suo agente, che prontamente gli sgancia un "Sì, ma non ti porta rancore"...), ma poi, convinto da Ellie e su di giri, accetta l'incarico e si prepara a girare il film. Subito, però, accade l'imponderabile, visto che Val, purtroppo, si ritrova improvvisamente affetto da cecità psicosomatica. Ne è a conoscenza solo il suo agente Al (impersonato da uno spassoso Mark Rydell, regista, tra gli altri, di "I cowboys" e "Sul lago dorato"), che prontamente, avendo entrambi deciso di tenere nascosta la faccenda, lo affida alle attenzioni di un membro della troupe, il traduttore del direttore della fotografia cinese, che dovrà occuparsi di "vedere" per lui senza farlo scoprire (anche perchè sul set gironzola una giornalista tutto pepe di Esquire). Lo stratagemma funziona finchè il traduttore non viene cacciato via: ma Val e il suo agente non si disperano, raccontano tutto ad Ellie, che decide di aiutare l'ex-marito, ed il film va avanti (a parte il fatto che le proiezioni dei giornalieri non vengono comprese da nessuno). Poi, improvvisamente come era arrivata, anche la cecità scompare: "portatemi un fiasco di cianuro", commenta Val appena riesce a visionare i suoi fantomatici giornalieri. Il film viene demolito durante le sneak preview per il pubblico e stroncato dalla critica, ma non è ancora detta l'ultima parola, perchè "grazie a Dio ci sono i francesi". In "Hollywood Ending" Woody Allen, più contenuto e meno scoppiettante del solito, ha voglia di giocare: battezza Val il suo personaggio, Hal il produttore e Al il suo agente, gioca con le battute che lo hanno reso famoso (come nell'omaggio a "Io e Annie" del dialogo su New York e Los Angeles), si concede al gusto della satira amarognola e dello sberleffo verso la Mecca del cinema, ironizzando su se stesso e sulle sue scelte d'autore (il direttore della fotografia cinese...): ne emerge, però, un ritratto molto meno caustico e travolgente delle aspettative, spesso sfocato e superficiale nel dosare sarcasmo e graffi, oltre che eccessivamente ridondante nell'autoreferenzialità del soggetto. Resta comunque, pur nell'esilità dell'intreccio e dell'ispirazione, un'operina graziosa e leggera, ben supportata da un affiatato cast d’interpreti e capace anche (questo sì come sempre) di regalare i suoi autentici e sfrenati momenti di spasso.

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