Regia di Roman Polanski vedi scheda film
La famiglia di Polanski, come quella del protagonista, è stata deportata in un campo di concentramento, e lui stesso, bambino, ha vissuto l'orrore del ghetto di Cracovia. A giudicare dagli esiti di questo film, che racconta l'odissea di un pianista sopravvissuto al ghetto di Varsavia e alla distruzione della città da parte dell'esercito tedesco, non si direbbe. Anche se il racconto della segregazione forzata, delle umiliazioni, della ferocia razzista ha momenti programmaticamente forti, la messa in scena è convenzionale, talmente tiepida da passare tranquillamente sotto silenzio le responsabilità dell'esercito alleato e in particolare il ritardo criminale e interessato con cui i russi intervennero nel dare man forte alla resistenza polacca. Anche l'interpretazione di Adrien Brody appare poco convincente e addirittura ridicola quando, con la barba lunga e gli abiti stracciati, l'attore si aggira come uno spettro tra le rovine della città. Il film più omologato di Polanski è stato sommerso da una pioggia di premi; così va il mondo.
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