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Guida pratica per insegnanti

Regia di Thomas Lilti vedi scheda film

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La recensione su Guida pratica per insegnanti

di Gangs 87
5 stelle

Benjamin, giovane supplente senza esperienza, si trova ben presto ad affrontare le difficoltà dell’essere insegnante. L’amicizia e la vicinanza dei colleghi, alcuni dei quali vantano un’esperienza pluriennale nello stesso collegio, lo aiuterà a trovare la strada giusta per appassionarsi a quello che sarà il suo futuro lavoro.

 

Esplorando la filmografia di Thomas Lilti è facile notare come sia sensibile a certi argomenti. Un medico che si confronta con la durezza del tirocinio è il protagonista di Ippocrate (2014) il suo film di maggior successo che nel 2015 ha ottenuto ben sette candidature ai Premi César ma anche Il primo anno (2018) che ricalca il tema dello studentato vuole chiaramente mettere in luce alcuni degli argomenti che raramente sono protagonisti di pellicole e considerazione.

 

Utilizzando scorci delle vite private dei protagonisti e concentrando la maggior parte dell’attenzione su quello che avviene all’interno del plesso scolastico, Lilti tiene fede al titolo della pellicola, quantomeno alla sua traduzione italiana, considerando che il titolo originale è Un métier sérieux (Una professione seria) che sembra piuttosto volerci far presente quanto possa essere difficoltoso il sottovalutato mestiere dell’insegnante.

 

Sarà per questo che si alternano immagini di professori che correggono compiti ad orari improponibili o che piuttosto tardano nell’andare a riprendere i figli dagli ex compagni; proprio per sottolineare un impegno totale che sembra impensabile e di certo non scontato.

 

Questa ostinazione nel voler obbligatoriamente concentrare il racconto sull’aspetto lavorativo/scolastico, mostrandoci solo l’aspetto pubblico dei protagonisti, relegando solo marginalmente l’aspetto privato però gioca a sfavore della pellicola. Limitarsi a mostrare ciò che accade nella scuola, escludendo la caratterizzazione dei personaggi, crea un senso di spaesamento che induce nello spettatore una certa estraneità che condiziona l’empatia nei confronti dei protagonisti, increabile.

 

Lo spettatore resta sempre e solo spettatore; incapace di amalgamarsi alla storia e pertanto quasi perennemente insensibile alle emozioni che dovrebbero alternarsi sullo schermo ma che restano come avvolte in una bolla impenetrabile.

 

Questo, unito alla ridondanza dell’argomentazione di fondo, che ruota tutta attorno agli avvenimenti che accadono, nel corso di un singolo anno, in un ambiente scolastico che ben presto diventa familiare e conseguentemente noioso, trasformano la visione in un’esperienza appetibile solo a tratti.

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