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Segni di vita

Regia di Werner Herzog vedi scheda film

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La recensione su Segni di vita

di Peppe Comune
8 stelle

Stroszek (Peter Brogle) è un militare che, durante la seconda guerra mondiale, si ritrova a combattere sul fronte greco. In un combattimento contro i partigiani viene gravemente ferito. Trasportato in ospedale, viene affidato alle cure di Nora (Athina Zacharopoulou), una donna del posto che diventerà sua moglie. Rimessosi, si  trasferisce sull'isola di Creta insieme a Nora e ad altri suoi due commilitoni, Meinhard (Wolfgang Reichmann) e Becker (Wolfgang  von Ungern-Sternberg), in un forte abbandonato adibito a deposito di munizioni. Le giornate trascorrono sempre uguali, in attesa che dal comando gli venga affidato un compito più congruo al suo azionismo militare. Ma quest’ordine non arriva mai, così Stroszek si mette in proprio agendo in una maniera del tutto imprevista.

 

Segni di vita. Scena

 

“Segni di vita” è il primo film di Werner Herzog, un esordio che mette subito in evidenza una cifra stilistica destinata a distinguersi per originalità formale e potenza figurativa. Il soldato Stroszek  è solo il primo di una galleria di personaggi posti al limite della comprensione sensibile delle cose del mondo, degli autentici outsider sociali perennemente in bilico tra la lucida follia e la stramba “normalità”. Già in questa prima opera, l’attore “herzoghiano” assume una caratura apocalittica incarnando una particolare tipologia dell’umano :  quella avvinta dagli accadimenti del mondo ma tesa a rivoluzionarne gli esiti attraverso l’uso elementare di una volontà incorruttibile. I personaggi dei suoi film non sono contro lo stato delle cose perché rispondono ad una vocazione militante, ma perché intimamente partecipi di un’alterità pressochè assoluta. Più che essere contro il mondo, sono essi stessi portatori di una diversa idea di mondo, mitica e modernista insieme, radicata al tempo storico e aperta all’esplorazione di nuovi spazi. Un’idea caratterizzata cinematograficamente attraverso una visionarietà allucinata che sembra condurre il tutto oltre le normali coordinate spazio- temporali, in una sorta di non luogo che si fa momento di riflessione poetica sulle sorti del mondo.

“Nella sua ribellione aveva iniziato qualcosa di titanico, visto che l’avversario era molto più forte di lui. Così aveva miseramente fallito, come tutti i suoi simili”.  Questo racconta la voce off sul finire del film. L’unicità della posizione di Stroszek viene espressa in poche parole, che da sole bastano a chiarire la straordinaria banalità della sua condizione esistenziale. Stoszek è solo solo anche quando è in compagnia, ha un carattere mite perché la guerra l’ha scoperto vulnerabile rispetto al vuoto che lo circonda e l’isolazionismo cui lo costringe una popolazione resasi invisibile. Herzog ce lo rappresenta avvinto dalla lentezza, sopraffatto dall’incedere lento di giornate sempre uguali. Gli insetti catturati da Meinhard si fanno specchio della sua vana improduttività. Una lentezza arsa dal sole di Grecia, magnifica ed estenuante, luminosa e lucubre, nata nelle retrovie di una guerra andata troppo veloce. Una lentezza pronta a gridare vendetta e di cui Stoszek ha tutto il tempo di assorbirne tutta la carica implodente. Non gli serve contemplare la bellezza di una natura primordiale, il mare, le barche dei pescatori, il biancore delle case, vuole ribellarsi contro il vuoto che lo tiene in prigione. “Il soldato Stroszek voleva far tremare la terra, così sarebbe uscito ciò che si nascondeva nelle case e ciò che si celava al di là delle case. Stroszek voleva finalmente fare uscire tutto”.    

Volere e potere, ed i personaggi di Werner Herzog sono pronti a sfidare i giganti, indifferenti alla triste solitudine che li attende. L’unicità del modo di stare al mondo è il loro unico ed inconsapevole scopo. Con “Segni di vita” nasce un grande cineasta.   

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