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Segni di vita

Regia di Werner Herzog vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Segni di vita

di maldoror
8 stelle

Davvero sorprendente questo esordio herzogiano, un gioiellino visivo che affronta già la tematica centrale di tutto il suo cinema a venire, ovvero quella del titanismo, della follia, del contrasto fra civiltà e irrazionalità, della lotta dell'uomo "superiore" contro il tutto e, quasi sempre, del suo fallimento. Il film è impregnato di suggestioni metafisiche, sia visive che letterarie: la cittadina cretese desolata e spettrale, con le sue rovine, sembra uscita da un quadro di De Chirico, mentre la condizione di attesa angosciante di un nemico che forse non arriverà mai, così come la sensazione di vacuità esistenziale, sembra ricordare Il Deserto dei Tartari; vi sono inoltre riferimenti al Surrealismo, come l'asino putrefatto trascinato con una fune di dalìniana memoria, mentre le inquadrature del forte nel quale alla fine si rifugia Stroszek ricordano un po' (almeno a me) la serie de "La città intera" di Ernst, tutte suggestioni visive che sembrano rimandare alla fine della civiltà e a una natura che minaccia di riprendere il sopravvento, e che inoltre paiono anticipare le atmosfere apocalittiche del successivo Fata Morgana.
Mentre i soldati, una volta entrati in contatto con una tale dimensione fuori dalla civiltà, tenteranno disperatamente di ancorarsi a una serie di piccole e mediocri occupazioni allo scopo di sentirsi ancora "uomini", ancora appartenenti alla civiltà, Stroszek avvertirà la meschinità e l'inautenticità di un'esistenza simile facendo sì che il piatto della bilancia penda tutto dall'altra parte, portandolo così a divenire tutt'uno con quelle forze naturali che minacciano di voler riprendere il sopravvento. Notevole la scena in cui si manifesta per la prima volta la follia del soldato, in cui quest'ultimo inizia a sparare all'impazzata contro i mulini a vento, come anche le folgoranti immagini finali in cui Stroszek sparisce progressivamente dal campo quanto più la sua follia aumenta, fino a diventare parte delle cose stesse, come se diventasse un tutt'uno con le forze irrazionali e malvage di una natura che sembra averlo posseduto del tutto. Piccolo capolavoro.

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