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Abang Adik

Regia di Lay Jin Ong vedi scheda film

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La recensione su Abang Adik

di alan smithee
7 stelle

locandina

Abang Adik (2023): locandina

FAR EAST FESTIVAL 25 - CONCORSO: GELSO D'ORO COME MIGLIOR FILM, GELSO D'ARGENTO COME MIGLIORE OPERA PRIMA, GELSO NERO COME MIGLIOR FILM

"Wild lives of two unlucky brothers"

Al Far East Festival nr. 25 il commovente film malese Abang Adik sbaraglia ogni concorrenza aggiudicandosi il premio più prestigioso, ovvero il Gelso D’Oro, ma anche il premio Gelso Nero della giuria Black Dragon, e il premio per la migliore opera prima al bravissimo e sensibile regista Jin Ong.

Il film racconta le tragiche vicissitudini di due fratellastri ventenni, Abang e Adik, alle prese con gli strenui tentativi per conquistarsi una identità ufficiale, non trovando un padre che testimoni le loro origini.

Abang Adik

Nella immensa capitale malese, Kuala Lumpur,  per forza di cose si dedicano a commerci e lavori illeciti, nella completa clandestinità.

Come tanti altri loro concittadini di etnia prevalentemente cantonese o cinese, chi non riesce a dimostrare di avere una natalità in Malesia, non può essere riconosciuto ed è costretto a vivere come clandestino, senza possibilità di un lavoro regolare, di  un conto in banca, di una vita dignitosa e ufficiale come avviene alla etnia originaria malese.

Se Abang, il maggiore dei due, è di temperamento fiero e battagliero, Adik invece, anche per la sua condizione di sordomuto, è ripiegato su se stesso e accetta la sorte senza lottare più di tanto per cambiare il proprio futuro.

Entrambi sono cresciuti tra la strada e l’amorevole presenza di un transessuale che li ha allevati cercando di far loro da madre. Da alcuni mesi una tenace volontaria di una ONG tenta di procurare le prove della paternità ai due, per metterli in condizione di ottenere finalmente un documento di identità e una posizione ufficiale nel paese.

Ma il carattere ostico e fiero di Abang gli provoca una reazione inconsulta che finisce per causare una tragedia.

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I legami familiari hanno sempre cavalcato i sentieri della tragedia, del melodramma, e del sacrificio di taluni a favore di altri.

Un sacrificio che viene fatto in modo disinteressato e incondizionato, soprattutto, come in questo caso, quando i rapporti superano il legame di sangue, ma sono fatti di una vita in comune e diventano intese perfette.

L’aspetto che più stupisce in questo attanagliante e commovente film malese, è la direzione ispirata e di solido mestiere che il neo regista, precedentemente produttore musicale Jin Ong, riesce a conferire al suo lavoro.

“Io non ho un padre, ho solo te!”

Una perfetta macchina di commozione e di conquista di consensi, come ha dimostrato lo stupefacente apprezzamento che il film ha ottenuto tra le varie giurie del FEFF 25, da cui il film è uscito come il vero meritatamente vincitore. 

Abang Adik è un film che gioca benissimo le sue carte sui sentieri del sentimento e della capacità di incontrare l’emotività  dello spettatore, affrontando peraltro una tematica davvero drammatica e impellente, che si rivela uno dei problemi più annosi della società malese: abbattere definitivamente la clandestinità e l’odioso sfruttamento dei non censiti all’anagrafe nazionale.

Un film potente, inevitabilmente strappalacrime che tuttavia riesce a gestire con cura la sua narrazione, evitando ricatti morali e strumentalizzazioni, per far parlare la schiettezza dei sentimenti e la purezza di un legame che non avrebbe bisogno di consanguineità per rivelarsi perfetto e insostituibile.

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