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Montecristo

Regia di Kevin Reynolds vedi scheda film

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George Smiley

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La recensione su Montecristo

di George Smiley
7 stelle

Una buona trasposizione del classico di Dumas che, pur non brillando per fedeltà al materiale d'origine, ha il pregio di coinvolgere e appassionare senza risultare pacchiana.

La cantastorie dei boschi: Recensione "Il conte di Montecristo".

Ogniqualvolta si guarda l'adattamento cinematografico di un famoso romanzo è bene tenere a mente l'abisso che separa la parola scritta dal mondo in celluloide. Questa versione quasi ventenne de "Il conte di Montecristo" di Alexandre Dumas non fa eccezione. Ho letto varie critiche riguardanti le licenze del regista Kevin Reynolds e dello sceneggiatore Jay Wolpert nel portare sul grande schermo il soggetto in questione, ma non le trovo giustificate: è bene ricordarsi che il romanzo del francese Dumas è un tomo di circa un migliaio di pagine e, a meno di girare una serie per la tv della durata di una decina d'ore (e neanche questo sarebbe garanzia di fedeltà), difficilmente può essere portato al cinema senza in qualche modo stravolgerne la trama. Questo adattamento ha almeno il merito di essere fedele al romanzo se non nei fatti narrati perlomeno "in ispirito": molti personaggi presenti nel libro vengono o eliminati oppure condensati in un'unica figura, gran parte delle avventure di Edmond Dantès una volta fuggito dal Castello d'If vengono cancellate e lo svolgimento del nucleo fondamentale della trama subisce delle parziali modifiche, finale compreso. Ciò che più interessa agli autori del film è in prima battuta la prigionia di Dantès, il suo provvidenziale incontro con l'Abate Faria e gli insegnamenti di quest'ultimo a Edmond che contribuiranno a trasformarlo nel Conte di Montecristo, in seconda battuta il piatto forte del banchetto: la vendetta. La trasfigurazione del giovane ingenuo, ignorante e di buon cuore Edmond Dantès nel raffinato, luciferino e apparentemente onnipotente Montecristo è ottimamente gestita, merito anche di un Jim Caviezel con il perfetto physique du rôle. Sugli scudi anche il grande Richard Harris, memorabile nella parte dell'Abate Faria, e Guy Pearce che tratteggia un Fernando Mondego viscido e odioso; più che adeguato il resto del cast. La regia di Kevin Reynolds riesce a conferire dinamicità alla narrazione grazie anche a un montaggio serrato che non concede pause, per due ore di durata in cui si vola letteralmente sulle ali dell'avventura, merito anche di una messa in scena dall'indubbia raffinatezza e di una splendida fotografia dai forti contrasti chiaroscurali. Ad affascinare, del resto, basta e avanza l'anima stessa del romanzo: una storia di gelosia e amicizie infrante, di amori tormentati e di ambizione politica ed economica che tutto stritola senza pietà, la storia di un uomo innocente condannato a scontare le pene dell'inferno da cui riemergerà, fra lo stupore di tutti, ormai irriconoscibile e accecato dall'odio verso i propri aguzzini, ma anche una storia che ci parla della necessità di farci scivolare il passato sulle spalle e nonostante tutto di perdonare, per potere finalmente ricominciare a vivere.

"La vita è una tempesta, mio giovane amico. Puoi crogiolarti al Sole per un momento e il successivo sei sbattuto contro gli scogli. Quello che fa di te un uomo è come ti comporti quando arriva la tempesta. Devi guardarla in faccia e gridare «Avanti, fa presto! Io saprò difendermi». Allora i fati ti riconosceranno per come ti riconosciamo noi...un uomo"

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