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The Brutalist

Regia di Brady Corbet vedi scheda film

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La recensione su The Brutalist

di barabbovich
8 stelle

Fuggito dall'Ungheria nel secondo dopoguerra a seguito delle persecuzioni contro gli ebrei, l'architetto László Toth (interpretato da un Adrien Brody monumentale, giustamente premiato con l'Oscar) ripara negli Stati Uniti. Qui viene dapprima accolto da un cugino (Nivola) che poi lo allontana accampando scuse; quindi, entra nell'orbita di un miliardario (Ritchie) che vuole costruire un gigantesco centro culturale in memoria della madre, in Pennsylvania. Per László, che nel frattempo si è ricongiunto con l'amatissima moglie (Jones), quel progetto diventerà la sua ossessione, mettendolo davanti alla mostruosità del potere capitalista.
Brady Corbet firma un'opera titanica (tre ore e venti di durata) dal respiro epico. The Brutalist è uno di quei film che ritrovano l'ambizione del grande cinema americano dei maestri del passato, un lavoro palpitante che esprime senza risparmio di mezzi la potenza dell'arte in un mondo dominato da plutocrati senza scrupoli. Il gigantismo dell'opera che Toth intende costruire è infatti pari alla hybris del regista che, incurante del budget, riesce a realizzare un film che finisce per sembrare una storia vera, pur non essendolo (e con una sinistra omonimia tra il protagonista e il killer che sfregiò la pietà di Michelangelo nel 1972). Quella di Corbet, vero maverick della settima arte (obbligatorio l'accostamento, per maestosità della messa in scena, con il Fitzcarraldo di Herzog) è una parabola morale e iconoclasta sul potere corruttivo del denaro, un'opera innanzitutto politica, potentissima, che non fa sconti al sordido modo di avvicinarsi all'arte anche da parte di chi avrebbe gli strumenti culturali per accostarla.
Leone d'argento per la migliore regia alla mostra di Venezia (2024).

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