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L'esorcista

Regia di William Friedkin vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su L'esorcista

di Spielbergman
8 stelle

C’è una villetta carina-carina a Georgetown, Washington, in cui vive una delle famigliole più tenere e convincenti della storia del cinema horror. C’è una bella bambina, Regan (questo nome rimane per me un mistero…) che comincia a comportarsi in modo strano, stranissimo. Sempre a Georgetown c’è padre Karras, giovane e tormentato prete cattolico con molti dubbi da estirpare. E poi c’è padre Merril, enigmatico esorcista con la splendida faccia di marmo del grande Max Von Sydow. In pochi giorni, la vita di questi tre personaggi cambierà per sempre, spinta da un’inarrestabile e terribile destino. Su “L’Esorcista” di Friedkin si è detto, parlato, scritto e discusso tantissimo. È forse il film più contestato e discusso della storia del cinema moderno, la gente ha scritto migliaia di parole su questo film. Ed in effetti, “L’Esorcista” è un film innovatore, per i tempi che furono; e poi, è un film analizzabile da due punti di vista: è sia un buon horror di genere, colmo di ottimi effetti speciali e di trovate ingegnose, sia un manifesto dell’epoca in cui è prodotto. Risalente al 1973, “L’Esorcista” mostra un’America inedita, afflitta, distrutta, attraversata da mille dissidi, in cui l’incubo è quotidiano ed intacca tutto ciò che vive. È la storia di una “prova” finale che mette in corto circuito personaggi afflitti e attraversati da dubbi, spesso personaggi a più dimensioni, ben delineati. È un affresco di vita disilluso che si scontra con la minaccia soprannaturale. Karras è il simbolo dell’epoca dell’ “Esorcista”: un prete (la tradizione) che è perso e deve rimediare attraverso lo sfogo fisico e l’alcool. Gli viene posto davanti un caso disperato e difficile, e lui corre ad affrontarlo, ma si ritrova davanti qualcosa di troppo grande per lui. E così cresce la tensione emotiva del film, fra suspance orrorifica (che comunque, a parte qualche trovata intelligente, rimane nella media rispetto ad altri capolavori del genere) e dramma. Sì, se c’è un horror bello perché “drammatico”, allora questo è “L’Esorcista”. Non solo il dramma di Karras per l’aver perso la fede e il dover affrontare qualcosa che da solo non riesce a capire, ma soprattutto per Regan e sua madre, spinte sull’orlo del baratro dall’orrore e dalla paura; da qualcosa che spaventa perché si infila in casa, e può agire dovunque, indisturbato. Poi arriva Merril, e lì il film si fa veramente “epico”, cioè denso di momenti antologici, di durezza, di inquadrature da cui spira la fatica dei gesti sacri, la pesantezza dell’azione maligna, la paura dei protagonisti. E così, “L’Esorcista” tocca la vetta della tensione emotiva e “di paura”, e si grida al capolavoro. Ma poi, nel finale, succede qualcosa. succede che “L’Esorcista” è un film di trent’anni fa, che all’epoca poteva passare anche con quel suo finale sussurrato e non all’altezza dei precedenti minuti di film. Alla fine si capisce che “L’Esorcista” non è un capolavoro né il miglior horror mai realizzato, bensì un classico, un film che ha fatto epoca, e che ha stordito un’intera generazione. Una pietra miliare. Oggi, però, rimpiango personalmente che al finale di questo film manchi quella carica “epica” e “dura” che sembra accompagnarlo per più di metà. Colpa dei canoni stilistici (o meglio, colpa di nessuno), ma comunque “L’Esorcista” rimane un film storico, rivoluzionario che, anche se oggi mi appare perso (a me personalmente, sia chiaro), all’epoca ha costituito qualcosa di incredibile. Grandi gli attori e la regia: Friedikin è forte, sa tenere il ritmo e creare la giusta tensione. Un film magnifico, un classico. Voto: 8.

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