Regia di István Szabó vedi scheda film
Da cosa si riconosce il talento di un regista? Al di là dei meriti tecnici e di una filmografia ricca di riconoscimenti collezionati nei diversi festival internazionali e di candidature nelle più svariate categorie dei Premi cinematografici mondiali, credo che vada rintracciato nella capacità e nell’enorme potere di provocare un interrogativo ed una domanda personalissima che, pur inquadrata in un preciso contesto storico o geografico, ha un carattere profondamente universale: ed io cosa avrei fatto in quella situazione?
In “A torto o a ragione” del regista Istvan Szabo, premiato ed acclamato per film come “Mephisto” o “Il colonnello Redl”, la situazione storico/geografica particolare è quella della Berlino subito dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale.
Gli alleati, avendo occupato la città, stanno cercando di ristabilire l’ordine e di scovare gli ex nazisti ed i loro collaboratori. A questo scopo il Maggiore Steve Arnold (un Harvey Keitel che, smarrito nei numerosi ruoli che ricopre da una parte all’altra del Globo, ogni tanto, come in questo film, ritrova il suo naturale talento!) ha ricevuto l’ordine di interrogare lo stimato direttore d’orchestra tedesco Wilhelm Furtwangler (Stellan Skarsgard capace di reggere con impressionante bravura gli impietosi primi piani della macchina da presa) e così raccogliere le prove che lo vedrebbero implicato come simpatizzante nazista.
Basato su fatti realmente accaduti e tratto da una piece teatrale dello stesso sceneggiatore Ronald Harwood (già autore dell’indimenticabile lavoro teatrale “Il servo di scena”), “A torto o a ragione”, in una serie tesa e serrata di “faccia a faccia” tra il Maggiore ed il direttore d’orchestra, si interroga sull’attuale e moderna questione della responsabilità politica dell’artista in un regime totalitario: è giusto restare e servire il proprio paese o abbandonare la Patria? Quale il labile confine sin dove la nostra morale può spingersi ed osare?
Intelligentemente Istvan Szabo non fornisce alcuna soluzione al suo “thriller” dell’anima lasciando in sospeso, come spesso lo sono le scelte mai chiare e nette della nostra coscienza, e ad insindacabile giudizio dei suoi spettatori la più corretta risoluzione di un “giallo” che non conosce né colpevoli né innocenti ma soltanto pedine di un Disegno Umano spesso inafferrabile.
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