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Il respiro della foresta

Regia di Huaqing Jin vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Il respiro della foresta

di yume
8 stelle

Esiste ancora su questo pianeta un altrove in cui rispecchiarsi? Forse sì.

locandina

Il respiro della foresta (2021): locandina

Diecimila donne, monache buddiste, e la loro scelta estrema di vita.

Isolate dal mondo, vivono sull’altopiano del Tibet in una valle nella provincia di Sichuan presso il monastero di Yarchen..

Sono state introdotte al monastero da giovanissime e ci resteranno fino alla fine dei loro giorni, se, come è facile capire dalle rare didascalie, il governo cinese, che dal 1959 ha posto la sua egemonia su quel Paese, non le costringerà ad andar via per le note campagne di “rieducazione culturale”.

Jin Huaqing, regista, sceneggiatore e produttore del documentario, ha iniziato nel 2014 ad occuparsi di loro riuscendo, con molta perseveranza e pazienza, a ottenere i permessi per entrare in un mondo sconosciuto, chiuso in sé stesso, totalmente concentrato sui rituali diffusi da millenni dal Buddha storico Siddharta Gautama.

 

https://www.youtube.com/watch?v=Yl8JZJ-X99g

 

E’ l’ottemplice sentiero, fatto di regole ferree per ottenere la consapevolezza della propria natura di Buddha, condizione essenziale per raggiungere il Nirvana, l’Illuminazione

Quello che colpisce di questa grande comunità femminile è la pace che si respira in quella “foresta rosso scuro”, Dark red forest è il titolo originale del film, in riferimento al rosso dei loro mantelli, un colore identitario per il monachesimo buddista.

scena

Il respiro della foresta (2021): scena

Esiste un forte legame, quello con il guru che le esamina, controlla la qualità del loro studio, le ammonisce amabilmente quando non sanno le risposte, le esorta ad uno studio migliore.

L’altro legame è quello reciproco, l’assistenza che forniscono alle compagne in difficoltà, la straordinaria capacità di fare causa comune di fronte ai problemi di una condizione ambientale durissima.

scena

Il respiro della foresta (2021): scena

 Vivono nei cento giorni più freddi dell’anno in ritiro spirituale dentro minuscole capanne di legno, microscopici cubi avvolti di plastica e stoffa che la neve ricopre per due terzi dell’anno. Il loro percorso di fede esce rafforzato dalla prova estrema, la meditazione su vita e morte, sofferenza e guarigione, è il loro karma , il silenzio le accompagna fino alla buona stagione, quando andranno a pregare al monastero e le più giovani intrecceranno danze coloratissime.

Sei anni di cura inesausta di un sogno, entrare in punta di piedi in un’isola sconosciuta e ascoltarne il respiro, la mdp invisibile, le didascalie al minimo, non c’è bisogno di raccontare, descrivere, spiegare, Jin Huaqing dà alle sue riprese l’asciuttezza scarna di quel modo di vivere di cui coglie il misticismo contemplativo, la disarmante cedevolezza ad una natura che sembra mettere alla prova la possibilità di conseguire il Nirvana.

scena

Il respiro della foresta (2021): scena

Premio per il Miglior Documentario al Golden Horse Film Festival (2021) e il premio Speciale della Giuria al Seattle International Film Festival (2022), Il respiro della foresta apre uno spiraglio su un altrove che, pure, appartiene a questa terra, e di questa terra è destinato a subire la violenza.

Il monastero presto chiuderà, il documentario ne dà notizia scarna, riducendo al minimo ogni riferimento al mondo esterno, ma sotto traccia se ne avverte la minaccia.

Sulla ultra decennale pesante interferenza della Cina sulle sorti del Tibet, di cui arriverà a cancellare perfino il nome diffondendo a livello internazionale il mandarino Xizang, si legga l’articolo su questo link di Wired:

https://www.wired.it/article/tibet-cina-xizang-cancellare-nome/

 

Queste diecimila donne sono il simbolo di una resistenza che le armi non spezzano, appartengono al mondo di cui conoscono i meccanismi e la loro scelta libera le pone al di sopra di tutto, intangibili nella loro adesione alle regole di quel Buddha che per primo insegnò all’umanità la vera strada della liberazione.

Sappiamo che oggi sanno perfino organizzarsi per opporsi al buddhismo tibetano, il lamaismo,  che non permette alle donne di raggiungere il bhikkhuni lo status più alto della gerarchia ecclesiastica. 

Il respiro della foresta ci dice tutto questo, con il suo silenzio, i canti liturgici accompagnati da cembali e tamburi, le voci dei maestri che interrogano le monache, la tenera vergogna delle allieve che non sanno rispondere e, sorridendo, si coprono con le mani il viso chino a terra, il bianco delle distese di neve, il  rosso dei vestiti e dei nastri volanti delle danze.

Esiste ancora su questo pianeta un altrove in cui rispecchiarsi? Forse sì.

 

 

 

www.paoladigiuseppe.it

 

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