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Da zero a dieci

Regia di Luciano Ligabue vedi scheda film

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La recensione su Da zero a dieci

di Rosebud77
6 stelle

Vergogna! Ci voleva un cantautore neanche tanto arrabbiato come Ligabue per scrivere e dirigere uno dei film più sinceri della scorsa stagione, pieno di innocui difetti, e vitale come una schitarrata tra vecchi amici, cancellando con un colpo di spugna nutrite schiere di giovani e promettenti registi e sceneggiatori che pur abbiamo in Italia. Sulla scia di RADIOFRECCIA, suo primo e fortunato film, Ligabue sceglie di affidarsi di nuovo al santo patrono Domenico Procacci, quasi per caso, e anzi raddrizza un po’ il tiro, con una storia di quattro amici che a distanza di vent’anni tornano dalla provincia romagnola nella fastosa Rimini per quattro giorni di follie. C’è amore, c’è scherzo poetico, c’è dannazione in questa semplice storia, e l’incontro con le quattro ragazze incontrate anni addietro serve a rendere compatto e squadrato un mosaico generazionale che tra qualche ingenuità –anche registica- e alcuni momenti un po’ forzati procede veloce verso un finale poco consolatorio, un po’ prevedibile, in verità, ma del tutto sentito e onesto. Ligabue sceglie di raccontare una fascia di età difficile, che in epoca di Mucciniani è un po’ in ribasso, quella dei trantacinquenni, e lo fa col suo stile solito di frasi un pò fatte, voci fuori campo, un pizzico di morale e di tragedia che fa molto GIOVENTU’ BRUCIATA, ma tanto, tanto schietto pragmatismo, e un discreto coraggio nell’accennare tematiche importanti –come quella dell’omossessualità, o dell’amico malato stanco di vivere- con rispetto e originalità. E dei tanti voti che, DA ZERO A DIECI, gli otto ragazzi danno al senso della loro vita durante il film, noi scegliamo di dare loro un bell’otto per l’appassionata prova attoriale, e una sufficienza piena al film in sé, in attesa di un riscatto che giustifichi appieno la strada un po’ facile e aperta del dolce che lascia posto all’amaro, come un bravo alunno che sta imparando la lezione della vita a piccoli passi, e si aspetti dalla maestra il riconoscimento che merita. Magari un bel dieci.
(Francesco de Belvis, Roma)

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