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Figli. Hijos

Regia di Marco Bechis vedi scheda film

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La recensione su Figli. Hijos

di LorCio
8 stelle

La ricognizione del dolore, ma Gadda non c’entra. Hijos è una storia attraversata dalla linea di frontiera rappresentata dal dolore, l’ultimo dei sentimenti al quale sembriamo condannati per scontare l’ingiustizia del secolo scorso. È il racconto lucido di un’inchiesta esistenziale (ma anche sociale) sulle radici estirpate dalla terra d’origine e ripiantate in un luogo sicuro. Una ricerca esemplare sull’inganno doveroso (qui lo è?) dell’adozione. Bechis ci mette il cuore, ed è assistito da una consapevolezza etica ormai ben collaudata in anni ed anni di cinema “necessario”, da uno stile essenziale, esangue, livido. La sicurezza della seconda casa viene a vacillare assieme al richiamo della foresta, al passato che urla il suo conto lasciato in sospeso, l’interruzione del rapporto imposto da degli altri che poi pretendono di vincere la partita. Lo squallore della partita della vita: il togliere con la violenza a dei secondi la linfa (incarnata sia dall’effettività del corso esistenziale che dal seme lasciato per testimoniare la propria presenza nel mondo) per darla capricciosamente a dei terzi impossibilitati a concretizzare la procreazione, disposti perfino a fingere un pancione.

 

Nell’immedesimazione di una madre sbagliata, Stefania Sandrelli mette a segno uno dei ritratti più duri della sua carriera. È l’uomo nero che fa rubare i bambini ed uccidere il genitore per appagare il proprio bisogno di maternità insana. Se il microcosmo della madre è votato all’esposizione celata dell’inganno continuo, il cosmo dei fratelli ritrovati è un universo in cui è difficile trovare un appiglio certo per espiare le colpe. Incestuosi i fratelli che si attraggono per complementari. “I fratelli non si scelgono”, dice la sorella (figurarsi i genitori, specie se adottivi). Eppure, nonostante il responso negazionista, sono due ragazzi che scelgono di essere fratelli, forse perché entrambi legati a quella pagina tragica, cattiva, dolente della storia argentina, un paese che, come ci illustra Bechis, non conosce pace tra crimini del cuore e tracolli finanziari. Film sul silenzio del dolore, Hijos è un film “alto”: per tensione emotiva, per tema gravoso, per quota (aerei, funivie, atterraggi). E dall’alto tutto dovrebbe sembrare un po’ più chiaro. O no? No. È tutto meno nitido. Si vuole cercare nel vuoto una via di salvezza? Il vuoto risucchia, ingabbia, taglia. Un film che serve. Imbavagliato da un bigotto, inutile, incomprensibile divieto ai minori di 14 anni (ci sono tematiche che i giovani non devono conoscere?).

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