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Requiescant

Regia di Lee W. Beaver (Carlo Lizzani) vedi scheda film

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La recensione su Requiescant

di alan smithee
6 stelle

"La guerra è orribile non perché si è ammazzati, ma perché si ammazza.

Non perché si ammazzano degli uomini, ma perché si ammazza la pietà".

Un giovane abile con la pistola, ma sorretto da rigorosi principi religiosi appresi in famiglia, tanto da essere soprannominato Requiescant perché, in nome degli insegnamenti cristiani che lo hanno formato, è solito accomiatarsi dalle vittime della sua prodezza con le armi, con questa solenne benedizione, si trova ad un bivio esistenziale che gli impone una scelta di vita.

Egli è il figlio adottivo di un pastore anziano, che lo ha accolto da bambino, ferito e unico scampato alla strage perpetrata dal perfido proprietario terriero George Bellow Ferguson, ai danni del suo popolo di poveri messicani, caduti in un tranello fatale inerente la legittima potestà del loro villaggio natio, e trucidati senza pietà.

 

Quando la sorellastra del nostro pistolero fuggirà dalla carovana degli anziani genitori abbagliata dai richiami maliziosi della vita cittadina, Requiescant deciderà di andarla a cercare, ritrovandola costretta al mestiere di vita proprio nel saloon del medesimo George, sempre più infido, ricco e prepotente.

Sottovalutato rispetto alla sua innata abilità di pistolero per via del suo aspetto bonario e pacifico, Requiescant riuscirà non solo a sgominare la banda di malviventi che domina la città ormai priva di sceriffo, ma riuscirà a ridare dignità ai superstiti del suo popolo messicano, ridotti in stato di perenne schiavitù, aiutato in questa sua missione dalla tenacia e dalla fede dell'onesto Don Juan.

Da una sceneggiatura di Adriano Bolzoni e Armando Crispino, a cui pare abbia preso parte anche Pier Paolo Pasolini, qui guest star nell'insolita vece di attore nei panni dell'onesto don Juan, il versatile Carlo Lizzani si dà allo spaghetti western firmando una pellicola dignitosa che parla pur sempre di sopraffazione del ceto ricco ai danni di quello degli indigenti, e quindi di sfruttamento ed angherie di una razza ai danni di un'altra, e nello specifico delle persecuzioni perpetrate dai coloni bianchi ai danni delle popolazioni messicane.

Solo che la vicenda si pennella qui dei colori ambrati e seducenti del vecchio west, ricostruito efficacemente nelle aride pianure di un sud iberico, terra eletta per il fortunato e prolifico filone del cosiddetto spaghetti western.

Conosciuto internazionalmente anche col titolo di Kill and pray, il film presenta un cast variegato, arricchito di molti attori italiani che interpretano con buona credibilità i messicani (il terzetto affiatato da sempre rappresentato da Davoli, Citti e sua eccellenza Pasolini) mentre il bello e cattivo Mark Damon è perfetto nei panni dello yankee crudele e spietato. Ne scaturisce un discreto western tutto sangue e sparatorie, in cui risulta apprezzabile il mite Lou Castel nei panni dell'eroe suo malgrado, pistolero controvoglia, ma infallibile, che spara solo quando non ne può fare a meno, lasciando tuttavia dietro di sé una lunga scia di morte con relativa, appassionata e solerte benedizione.

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