Espandi menu
cerca
L'uomo che non c'era

Regia di Joel Coen vedi scheda film

Recensioni

L'autore

luisasalvi

luisasalvi

Iscritto dal 26 dicembre 2004 Vai al suo profilo
  • Seguaci 14
  • Post 16
  • Recensioni 834
  • Playlist -
Mandagli un messaggio
Messaggio inviato!
Messaggio inviato!
chiudi

La recensione su L'uomo che non c'era

di luisasalvi
6 stelle

Come spesso (o sempre, per quel che ho visto) in Coen la storia gioca a rimpiattino con gli spettatori oltre che con i protagonisti. In una vita normalmente grigia e banale vive bene chi se ne contenta e inevitabilmente fallisce ogni tentativo di arraffare di più e di ingannare gli altri. Nei modi più assurdi.

Qui (prendo nomi e luoghi da imdb.com e da allmovie.com) nel dopoguerra in una cittadina americana (1949, Santa Rosa, California) Ed Crane (Thornton) fa il barbiere nel negozio di Frank (Michael Badalucco), un suo cognato fessacchiotto; si è sposato senza  convinzione e tanto meno amore; la moglie Doris (Frances McDormand), impiegata contabile in un negozio, è amante del direttore Big Dave (James Gandolfini), il quale è marito della proprietaria, ma vorrebbe, con imbrogli contabili, aprire un negozio suo ed affidarne la direzione a  Doris, che perciò si lascia convincere a falsare la contabilità. Creighton Tolliver (Jon Polito), un forestiero arrivato da poco, mentre Ed gli taglia i capelli dice di cercare un socio per finanziare una lavanderia a secco, mentre lui metterebbe l'idea e il lavoro, con guadagni al 50%. Ed ci pensa, e per trovare il denaro decide di ricattare in modo anonimo l'amante della moglie; questi si confida proprio con lui, convinto che il ricattatore sia Creighton, che poco prima gli aveva chiesto la stessa quantità di denaro per il suo progetto. Ed riceve il denaro, lo consegna a Creighton con cui firma l'accordo, poi è chiamato di nuovo da Big Dave che gli dice di aver scoperto tutto dopo aver costretto Creighton a parlare; lo picchia e sta per ucciderlo quando Ed con un coltello lo colpisce a morte e se ne torna a casa. Il giorno dopo viene arrestata per omicidio la moglie Doris. Lui chiede all'amico avvocato Walter Abundas (Richard Jenkins) di patrocinarla, ma lui se ne dice incapace e suggerisce un grande avvocato di città, Freddy Riedenschneider (Tony Shalhoub), che sproloquia teorie basate nientemeno sul principio di indeterminazione di Heisemberg. Ed, per salvare la moglie, racconta all'avvocato la verità, ma l'avvocato la considera una invenzione non credibile. Il giorno del processo, la moglie si impicca; poi Ed saprà che l'ha fatto perché era incinta dell'amante. E questo si  presenta come un finale, il primo di una serie… Intanto, prima del processo, Ed andava spesso a trovare l'amico Walter, ad ascoltare la giovane figlia Rachel 'Birdy' (Scarlett Johansson) che suona Beethoven al piano; preparazione per un "divertente" episodio secondario con incidente d'auto dovuto ad inaspettate iniziative di sesso orale da parte di Rachel mentre Ed guida; l'auto precipita, un cerchione ruota al centro dello schermo, e sembra un altro finale, cui segue come finalino un dialogo fra Ed e Frances, che sembra  una conclusione surreale, in aldilà, ma poi risulta un ricordo di Ed che non è morto. Ed viene arrestato e condannato a morte per l'omicidio di Creighton, trovato ucciso in fondo al lago, con i documenti della loro società e la ricevuta del pagamento della somma di denaro. Ed si sente sempre più quella nullità che è sempre stato e che l'avvocato presenta cinicamente per escludere in lui la capacità di uccidere; tanto che perfino il cognato esplode contro di lui chiedendogli se non ha proprio nessuna dignità per lasciarsi trattare a quel modo; così, racconta sempre la voce indifferente di Ed, provoca l'interruzione del processo; alla ripresa si è perso l'effetto emotivo che avrebbe potuto farlo assolvere: non c'è più denaro per avere ancora il celebre avvocato, e quello d'ufficio si affida alla clemenza della corte che condanna Ed alla sedia elettrica, vista con la stessa stanca indifferenza di tutto il resto.

Un complicato e divertente gioco di apparenze e di colpi di scena in cui nulla è come sembra e forse l'unico onesto era proprio Creighton venuto per aprire la lavanderia, che sembrava il più imbroglione, tanto più dopo la sua improvvisa scomparsa; tanto che qualche  distratto lo dice "truffatore" anche dopo che lo si è trovato morto, con i documenti del prestito ricevuto e del contratto. Il racconto postumo in prima persona fatto dal colpevole ricorda La fiamma del peccato; entrambi fatti con tono spento e distaccato, come si conviene a chi sa di essere già morto quando verrà letto (ma in quello il protagonista anziché scrivere si confessa al magnetofono, giustificando il tono della voce). I moventi sono diversi e il procedere dell'azione anche: là un movente di passione, proposto come colpevole anche se irresistibile, per una donna fatale e cinica, qui Ed presenta senza rimorsi le proprie scelte come normali, prima la tentazione di un colpo di fortuna, la  possibilità di sfruttare l'amico che lo tradisce; poi lo uccide per legittima difesa; la condanna finale per un delitto non commesso arriva quasi naturale, anche se con il sapore di uno sberleffo: quell'uomo così scialbo che nessuno nota, che nessuno considera, che può uccidere tranquillamente perché nessuno l'ha visto, che per la strada  nessuno riconosce, cui Creighton racconta i propri problemi nella ricerca di un socio finanziatore come se li dicesse a se stesso, senza neppur pensare che lui possa essere interessato, senza riconoscerlo quando lui viene a proporgli l'affare: davvero un uomo che non esiste. La sua storia arriva da un altro mondo, è narrata da uno che non c'è.

La ricostruzione è abile, ma mi pare che il gioco dei Coen finisca per ridursi a quello che è, un puro gioco. La divagazione sulla pianista Rachel che si rivela ninfetta mi pare utile solo a confermare il senso di gioco del film. Come divertimento non diverte abbastanza; sembra voler suggerire altro, ma non lo fa. Mi pare che se ne vedo altri film finisco per ripetere le stesse cose accentuando le critiche e riducendo le  lodi, come ho già cominciato a fare dopo il secondo e poi il terzo e poi questo. E vedo ora che le stesse cose scrive (nel suo stile compiaciuto) Luca Pacilio (spietati.it): "il loro cinema, fattosi definitivamente e esclusivamente paradigma, mostrando solo la sua inerme struttura, appare oggi di nudità scolastica imbarazzante"; più in generale Tom Vick (imdb.com) riporta l'accusa che "they're content to use their prodigious talent to do nothing more than celebrate their own cleverness", ma poi vi legge sadness e "the film's central idea, that one impulsive action can set in motion a web of fate"; io non vedo tristezza, né nel film, che gioca, né in Ed, che non agisce affatto di impulso, ci pensa, sceglie (per una volta!) e poi si lascia trascinare spentamente. Né ci vedo particolari legami con Lang, a parte il generico rinvio stilistico al noir, ma parodiato, in particolare in Doris che riassume stancamente i topoi della dark lady o nella eterna sigaretta di Ed che copia Bogart; ma sono molti gli in­serti che vorrebbero essere intelligentemente parodistici e divertenti, dalla Lolita che suona Beethoven (ed Ed le chiede se è musica composta da lei, una battutaccia americana che fu già di Marylin, ma che piace anche a critici nostrani) alla vedova di Big Dave (Ann Nirdlinger? Katherine Borowitz) che vede gli UFO responsabili della morte del marito (e poi di quella, per un attimo suggerita, di Ed che precipita in auto mentre il cerchione  evolve in UFO?). Ma ognuno si diverte a modo suo, e Lietta Tornabuoni ('La Stampa', 30 novembre 2001) vi ammira "senso dell'umorismo" e "un gran divertimento" oltre a "una scoraggiata moralità"; Goffredo Fofi ('Panorama', 20 dicembre 2001), pur altrettanto ammirato, dice che "non ci si diverte come ci si aspetterebbe, tanta è la serietà con cui i Coen affrontano la loro materia, cioè l'intimo e il nascosto" che tuttavia Fofi non ci aiuta a scoprire. Per altri ancora divertente, per altri coinvolgente. Forse dipende anche da quanti altri film di Coen sono stati visti e si ricordano.

Ed spinge Rachel a diventare concertista, le fissa una audizione presso un importante maestro francese da cui intende mandarla a lezione, ma il maestro dopo averla ascoltata spiega a Ed che non basta suonare con le dita, bisogna suonare con il cuore: i fratelli Coen forse incominciano a capire, o forse loro l'hanno sempre sospettato, ed ora lo confessano così, il loro limite: hanno delle buone mani (tecnica e cultura cinematografica) ma poco cuore.

Ti è stata utile questa recensione? Utile per Per te?

Commenta

Avatar utente

Per poter commentare occorre aver fatto login.
Se non sei ancora iscritto Registrati