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Ruido - Una voce che non si spegne

Regia di Natalia Beristain vedi scheda film

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La recensione su Ruido - Una voce che non si spegne

di Peppe Comune
8 stelle

Julia (Julieta Egurrola) è una madre che da nove mesi ha visto scomparire nel nulla sua figlia Ger. Il marito (Arturo Beristàin) perde subito le speranze di ritrovarla, ma lei continua imperterrita le ricerche, aiutata da Abril (Teresa Ruiz), una giornalista che decide di accompagnarla nella sua dolorosa ricerca. Nella suo disperata  peregrinare, Julia si imbatte contro un muro di gomma, a cospetto di un paese avvolto in una cappa di omertà e di corruzione. Nel suo girovagare lungo l’intera America Latina la donna incontra tante madri che come lei da mesi non hanno notizie dei loro congiunti. Donne che si battono contro l'indifferenza generalizzata di un potere costituito che mostra di non preoccuparsi affatto delle numerose persone scomparse nel nulla. 

 

Julieta Egurrola

Ruido - Una voce che non si spegne (2022): Julieta Egurrola

 

Uno degli aspetti che più contribuisce ad evidenziare la potenza comunicativa del fare cinema sta, non tanto nel fatto di poter portare in superficie storie altrimenti sconosciute, di dare luce a spaccati di mondo poco trattati, ma di farlo una maniera che risulta essere sempre abbastanza accessibile indipendentemente dalla cifra stilista adottata. In tal senso, un caso emblematico è rappresentato da “Ruido - Una voce che non si spegne” della regista messicana Natalia Beristain, un film che indaga un dramma sociale poco conosciuto come quello della scomparsa improvvisa di tante persone, soprattutto donne. In Messico le persone scompaiono semplicemente perché si possono trovare nel più classico “posto sbagliato nel momento sbagliato” : perché hanno fatalmente incrociato le proprie vie con i tentacoli del malaffare o perché hanno caratteristiche fisiologiche tali da risultare utili per traffici illeciti dei clan del narcotraffico. Sono soprattutto le madri a mettersi alla ricerca dei propri congiunti, sono soprattutto le donne a preoccuparsi di colmare un deficit emotivo che sembra essere la spia rossa sempre accesa di una progressiva disumanizzazione delle relazioni umane. 

Al centro del film c’è naturalmente Julia, una donna alla disperata ricerca di una figlia che sembra letteralmente scomparsa nel nulla. È una discesa agli inferi la sua, durante la quale conosce tante madri con il suo stesso dolore e con la medesima indifferenza delle autorità ad alimentare la loro rabbia mortificata. Una funzionaria che ben conosce il fenomeno delle donne scomparse dice a Julia che “le donne le cercano nelle fosse comuni, non tra quelle che potrebbero essere ancora vive”. Parole che spiegano in poco spazio la consolidata abitudine ad agire per esclusione : se gli scomparsi non si trovano tra i cadaveri vuol dire che sono ancora vivi. Ma se sono ancora vivi vuol dire che la ricerca diventa un qualcosa che non può prescindere dal confrontarsi con il confine assai labile che in certe zone del Messico esiste tra il cosiddetto potere legale e l’arbitrio padronale delle bande criminali. Julia lo percorre tutto intero questo spazio che ha solo padroni resi sfuggenti dall'anonimia del malaffare, e apprende che la vita di una ragazza può dipendere dalla tragica fatalità che l'ha fatta incontrala con chi può rendere la carne umana una merce di scambio assai redditizia. 

In questo confine melmoso la regia di Natalia Beristain si muove mantenendo una posizione equidistante tra la tragedia privata di Julia è un fenomeno che ha assunto negli anni una vasta portata sociale. Si è ovviamente portati ad empatizzare con l’emotività compromessa di Julia, ma il film non si lascia schiacciare dal pedinamento della sua personale via crucis ma si limita ad usarla per offrire una panoramica molto più ampia su un importante e complesso fenomeno sociale. La voce della donna diventa quella di chi intende colmare la distanza che separa un dolore particolare  dall’indifferenza generalizzata, la ragione che non si lascia sopraffare dai sentimenti mortificati dall’arroganza dei più forti. Entra in una palude sociale che si nutre di corruzione burocratica che si è intanto regolarizzata e di arbitrio criminale che rimane impunito. Un mare magnum in cui chi si mette a cercare le persone scomparse viene avvertito come un fastidio dagli organi di polizia, in cui chi continua a fare delle domande può diventare un pericolo per chi preferisce salvaguardare l'integrità della propria coscienza attraverso la forzata perpetuazione del silenzio. Non solo per i potenti clan criminali, anche per i gestori del potere costituito le donne e gli uomini scomparsi non sono nulla. Esattamente come il nulla in cui sembrano essere scomparsi.  

Proprio quando sembra aver perso ogni speranza di trovare la figlia, il finale del film ci restituisce una Julia combattiva mentre si trova nel bel mezzo di un corteo di protesta. Tutte donne che incarnano il coraggio di continuare di gridare contro un mondo che non li ascolta tutta la loro sete di giustizia. A rappresentare un grido di battaglia contro il silenzio che si vuole imporre. La parte bella di un tessuto sociale che non vuole trasformare in disincanto la forza di lottare tutte insieme.  

Il tutto con l'adeguato afflato civico e la corretta adesione emotiva. Mostrando, insieme alla dignitosa lotta di una madre, ciò che ingiusto viene prodotto dal sistema di potere. Per un film da promuovere, fosse solo per il grido di denuncia che riesce a far emergere. 

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