Regia di Luchino Visconti vedi scheda film
Quest'opera del vecchio Visconti ricorda un po' “Il posto delle fragole”, solo senza ottimismo, meno sensibile, e senza catarsi per nessuno dei personaggi.
È un'opera tarda di un maestro ormai vecchio del cinema italiano, con tutti i difetti che di solito ciò comporta. Si respira, infatti, una vaga aria di stanchezza, e una certa fiacchezza sembra aleggiare sulla messa in scena. In generale si vede la mano di un bravo regista, ma pure non posso fare a meno di notare questa leggera debolezza.
Per almeno metà film viene messo in luce il modo di fare, e di considerare gli altri da parte degli intrusi: sono dei ricconi capricciosi, viziati, invadenti, prepotenti e manipolatori. Essi riescono a mettere il professore nel sacco, nonostante le sue proteste, le sue rimostranze, e la sua comprensione della situazione. Poi il discorso vira un po' sulla complessa realtà sociale e politica dell'Italia e dell'Europa di quegli anni: i ricordi del sessantotto, gli attuali tumulti sociali, e il destino dei rivoltosi nel corso degli anni: assimilati? traditori? contestatori di altro tipo? Questa problematica viene incarnata dal personaggio interpretato da Helmut Berger, il quale diventa a poco a poco il protagonista e il centro narrativo del film.
Quando Visconti ci mostra questi ricchi snob, invadenti e volubili, che mettono a soqquadro la regolare e metodica vita dell'anziano professore, il film è ben fatto e quasi surreale. E dire, che la cinepresa non esce mai dagli appartamenti... Quando il film, invece, si cimenta nei dialoghi che intendono riflettere la realtà sociale dell'epoca, il discorso si aggroviglia ed è poco chiaro; di sicuro non riesce a disanimare veramente il tema, e il messaggio che intende lanciare. Si direbbe che c'è troppa carne al fuoco: l'aspetto dell'invadenza e dello stile di vita di quei gaudenti smidollati era abbastanza per riempire il film in modo omogeneo. Sarà colpa del principale sceneggiatore Enrico Medioli? Non mi risulta, infatti, un nome celebre.
Il personaggio del dandy (Berger) assume, direi, una valenza ambigua. È un individuo abbietto sotto tutti gli aspetti: mangiapane a tradimento, scialacquatore di soldi altrui, perde grosse somme a carte, lascia debiti in giro, ha sulle spalle un po' di denunce, si droga, è interessato solo al denaro e si serve delle persone (innanzitutto della moglie adultera interpretata da Silvana Mangano), e la sua maggiore aspirazione è fare il mantenuto. Un mascalzone, insomma,un farabutto, che si spaccia però per rivoluzionario... Eppure... eppure: piace alle donne (che sanno che tipo egli sia) e finisce per piacere al professore stesso, che si fa manipolare da lui quando quello lo chiama “padre”. L'aporia presente nella sua figura (un poco di buono che però attrae) si mangia tutta l'ultima parte del film.
La Mangano... c'è, ma si fa rubare il film da Berger, e da Burt Lancaster, che pure qui non è molto istrionico. A proposito, c'è un evidente problema con il suo doppiaggio (che non so di chi sia); il doppiatore recita male, ed infonde alla voce un tono forzatamente stanco e spento, che è come una piccola zavorra lungo tutto il film. Infine la bellissima Claudia Marsani, appena sedicenne, interpreta la figlia della ricca moglie fedifraga, e riesce a dare, con la sua vivacità, un po' di vitalità al film. Strano che abbia avuto una carriera abbastanza breve, limitata agli anni '70.
In generale la pellicola si lascia guardare con discreta attenzione fino alla fine; la versione che circola adesso, inoltre, offre immagini di alta qualità, digitalizzate a dovere.
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