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Moulin Rouge!

Regia di Baz Luhrmann vedi scheda film

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La recensione su Moulin Rouge!

di FilmTv Rivista
8 stelle

Come fare oggi un musical: strafare, direbbe probabilmente Baz Luhrmann, l’eccentrico regista australiano al quale, piaccia o no, alla terza prova registica va concesso il titolo di autore. Con “Ballroom” aveva fatto delle prove generali, in economia e attenendosi a un immaginario più sottomano e riconoscibile (le sale da ballo stile disco); con “Romeo + Giulietta” aveva preso di petto la più elementare e passionale delle storie d’amore, cavalcando con sprezzo del pericolo e del kitsch (ma anche con astuto tempismo) la moda delle trasposizioni shakespeariane; e con “Moulin Rouge” rischia tutto e realizza addirittura un musical (genere tramontato dagli ultimi fuochi degli anni ’60), sovrapponendo

diversi classici del rock alle fantasmagorie visive del tempio del vizio (o delle donne o del can

can) di fine ’800. Con ritmo instancabile e fre-

netico, negli interni ridondanti e rutilanti del

Moulin Rouge ricostruito negli studi australia-

ni, il moderno (il ’900) si incolla al passato (all’800), come fosse letteralmente nato per quello. Nella storia dell’amore impossibile ma voluto fino all’ultimo respiro tra l’ambiziosa e bellissima star del locale Satine e il poeta squattrinato Christian, ogni dettaglio visivo, ogni verso cantato, perde la propria connotazione anagrafica e diventa una parte armonica del tutto: dalle canzoni di Elton John, Bowie, Madonna, Kurt Cobain, Lennon e McCartney al “Can can” di Offenbach che ogni tanto riecheggia e, in un numero, esplode trionfante, dall’acconciatura da dark lady anni ’40 della Kidman (esplicitamente ispirata a Gilda e all’Angelo Azzurro) ai suoi corsetti belle époque e al bric-à-brac liberty che invade e anima le inquadrature. La commistione (tra lingue, umori e suggestioni immaginarie) era già la carta vincente di “Romeo + Giulietta”; qui Luhrmann la porta alle estreme conseguenze, cancella i confini, si butta a capofitto nei “luoghi” ottici e musicali della cultura popolare di un secolo e mezzo. Giustamente, al servizio di una risaputa storia d’amore.

 

Recensione pubblicata su FilmTV numero 41 del 2001

Autore: Emanuela Martini

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