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Kill Me If You Can

Regia di Alex Infascelli vedi scheda film

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La recensione su Kill Me If You Can

di gaiart
8 stelle

‘Kill me if you can’: ermeneutica di un proto terrorista Ecco il 'contropiede' del nuovo spiazzante doc di Infascelli: 'Kill me if you can' che, dopo 'Totti', impara la tecnica. Una storia senza fine perché il protagonista, Raffaele Minichiello, è ancora vivo e latore di una vita incredibile. Il dirottatore di un boing TWA che, prima di esse

 

‘Kill me if you can’: ermeneutica di un proto terrorista

Ecco il 'contropiede' del nuovo spiazzante doc di Infascelli: 'Kill me if you can' che, dopo 'Totti', impara la tecnica. Una storia senza fine perché il protagonista, Raffaele Minichiello, è ancora vivo e latore di una vita incredibile. Il dirottatore di un boing TWA che, prima di esserlo, ottiene una medaglia al valore militare in Vietnam. Poi è disgustato dall'America. E poi da essa perdonato. Storia geniale e anisocorica di un uomo che, partito da Los Angeles con l'intento di arrivare al Cairo dirotta, ma si ferma a Roma. L'uomo e le sue contraddizioni si incrociano con quelle altrettanto interessanti del regista

‘Kill me if you can’ , il nuovo doc di Alex Infascellivisto alla Festa del Cinema di Romaè in uscita per Wanted dal 27 febbraio per tre giorni.

Non a caso è candidato al Premio Cecilia Mangini per il miglior documentario David di Donatello 2023

Due storie che si incrociano. Quella del regista. E quella del suo protagonista.

La scritta nell’elmetto era diversa da tutti i commilitoni e Marines in Vietnam. Loro avevano inciso il loro nome. Raffaele Minichiello invece ‘Kill me if you can’, che diventa icasticamente titolo del bellissimo e bipolare film, che crea e distrugge un mito, un terrorista, un eroe, un padre di famiglia, un marito.

La prima parte del documentario si concentra sul dirottamento aereo avvenuto negli anni settanta per mano del personaggio irpino. Tratto dal libro “Il Marine. Storia di Ra?aele Minichiello” di Pier Luigi Vercesi, l’eroe / terrorista si arruola nei Marines con l’America, ottiene una medaglia al valore militare in Vietnam. Ha il passaporto sia americano che italiano. E spiazza tutti perché La verità ultima è quella di Dio e della Bibbia  – dice.

Terrorista? Latin loverMarine? Spia della CIA? Dirottatore di aerei? Eroe o meno? Antitesi di se stesso. Questo e molto di più tra gli interrogativi che alimentano l’incredibile vita e film, di e su Ra?aele Minichiello.  

 

La parola al regista Alex Infascelli

Dopo Kubrick e Totti, racconto la storia di un uomo comune, la cui vicenda straordinaria e controversa, è quella tipica dell’antieroe hollywoodiano: tra cielo e terra, tra Bene e Male, senza soluzione di continuità”.

Una vita. Un’Odissea

Italiano irpino, emigrato con la famiglia a Seattle nel 1963, si arruola nei Marines prima ancora di compiere 18 anni. Ottiene una medaglia al valore militare in Vietnam. Il ritorno negli USA, però, non è soddisfacente: quando ritira il suo salario, Minichiello riceve solo 600 dollari (200 in meno di quanto si aspettasse).

Tenta così, malamente, di rubare la differenza in cibo e bevande da uno spaccio dell’esercito. Avendo però bevuto troppe birre, li si addormenta, viene trovato e arrestato. In nuce già il suo contraddittorio temperamento dove il volere bypassare i valori imposti, anche in modo illegale, viene poi bruscamente frenato da un cuore bianco. Riesce a evitare la corte marziale, ma continua a nutrire un certo rancore per l’ingiustizia subita.

Il 31 dicembre 1969, dopo aver evitato i controlli grazie a un gruppo di hostess che seduce, sale su un volo della TWA con una carabina nel borsone, e dirotta l’aereo. Ha inizio così un’odissea durata 19 ore. E’ il dirottamento più lungo nella storia dell’aviazione civile, nonché il primo su scala intercontinentale. Un’impresa senza vittime né feriti: durante la prima tappa per il rifornimento di carburante, a Denver, Minichiello accetta infatti di liberare i passeggeri e quasi tutto il personale di volo, a parte la hostess Tracy Coleman, che rimane li di propria sponte. E, da Minichello stregata poi, per tutta la vita. La sua avventura termina a Roma, dove viene bloccato dopo una breve fuga.

America. Italia. Due paesi. Terra di entrambi. Per entrambi emblema di vita. E di morte.

Con una bella sceneggiatura: scritta da Alex Infascelli assieme a Vincenzo Scuccimarra, si dipana l’incredibile vicenda di Raffaele Minichiello. Una vita, la sua, punteggiata da terremoti, attentati, guerre, tragedie personali e guai di ogni sorta. Sempre all’insegna di una irriducibile voglia di vivere, o meglio, di sopravvivere.



Il 31 ottobre del 1969 le trasmissioni televisive di tutta l’America vengono interrotte da un annuncio: un uomo armato fino ai denti ha preso il controllo di un jet della TWA in partenza da Los Angeles e diretto a San Francisco con destinazione finale Roma. Inizia così il più lungo dirottamento nella storia dell’aviazione. Mentre l’America è incollata davanti alla televisione a seguire con il fiato sospeso l’odissea del volo TWA 85, gli agenti dell’FBI scoprono l’identità del ragazzo. 

Si chiama Raffaele Minichiello, anni 19, emigrato negli Usa dall’Irpinia dopo il terremoto del 1962, Marine pluridecorato per il valore dimostrato in battaglia. Nel frattempo, anche l’Italia ha iniziato a seguire la gimcana tra i cieli del proprio connazionale. 

All’arrivo a Roma, Minichiello cerca la fuga con una macchina della polizia ma viene catturato e arrestato… 

‘Kill Me If You Can’  è quello che aveva scritto nell’elemetto in Vietnam. E come dargli torto? 

 

La trama di ‘Kill me if you can’

Raffaele Minichiello nel 1962 lascia l’Irpinia dopo il terremoto per emigrare negli Stati Uniti, dove a soli diciannove anni, nel 1969, è già un marine pluridecorato per le sue azioni in Vietnam. Il 31 ottobre di quello stesso anno dirotta un jet TWA. Dopo un volo lunghissimo esplode la risonanza mediatica.

 
A tanti anni di distanza è lui stesso a raccontare la sua storia, intervallata da contributi di passeggeri dell’epoca, da materiale di repertorio e da un indole a cavallo tra spavalderia, insicurezza, lotta sociale all’ingiustizia e ricerca di uscire dai guai che, come un catalizzatore, attira.

 

Due parole sul visionario regista Alex Infascelli

Alex Infascelli è uno dei più bravi registi italiani. Vincitore di tre David di Donatello e candidato all’Oscar Europeo, dopo aver lavorato ai videoclip di molti dei più importanti artisti degli Anni ’90, ha esordito con il film Almost blue (2000). Ha realizzato fra l’altro S for Stanley (2015) e Mi chiamo Francesco Totti (2020). Dal 2001 è impegnato a portare un messaggio di recupero dalle dipendenze. Now, here, nowhere – Ora, qui, da nessuna parte è il suo primo romanzo.

La storia

Alex Infascelli ha portato in anteprima alla Festa del cinema Roma “Kill me if you can”, ora distribuito nei cinema. Il film è parabola attuale di una realtà anche odierna e indelebile di guerra, sindrome post traumatica da stress e psicologia ‘sputtanata’ di coloro che vi hanno preso parte.

La sua incredibile storia: in Italia scontò solo un breve periodo di detenzione, mentre gli Stati Uniti ne chiedevano l’estradizione, e iniziò un’altra vita, fatta di mille avventure, terribili disgrazie e alcuni misteri.

 

Il film a Milano

E se a Roma Infascelli ha presentato il film insieme al protagonista del documentario che, nel frattempo, ha ottenuto la grazia dallo Stato americano, a Milano il regista ha scatenato un meraviglioso dibattito (magico), quasi ottenuto con forze dall’alto con una serie di serendipity e circolarità atipiche, come se si fosse dentro a un frattale.

Infascelli spiega: “Mentre arrivavano i materiali che pian piano venivano fuori sulla vita di Raffaele mi accorgevo che sullo sfondo, ogni volta, c’era il mondo. C’era l’Italia, c’era il mondo fuori dall’Italia. Quindi si intravedeva la politica, il costume, e mai mi era accaduto di poter avere un ventaglio narrativo e temporale, un prisma interpretativo così immenso, perché era una fotografia di un mondo che non c’è più”.

Questo davvero il fascino del film. Come entrare in una serie di interminabili video games o matrioske che conducono ad altri livelli.

Inoltre, racconta il regista, una serie di materiali enorme, tra documenti, le fotografie, i video continuavano ad apparire magicamente, e sempre inerenti agli eventi che si volevano raccontare fornendo una serie di archivio documentaristico pazzesco a corredo dell’idea.

Minichiello ha attraversato e toccato i grandi eventi del secondo Novecento: dal terremoto, alla guerra, al terrorismo. Ed è stato protagonista anche di alcuni paradossi della storia. Non fu considerato certo un eroe quando tornò dal Vietnam, ma in qualche modo lo divenne dopo il dirottamento.

La visione di Raffaele Minichiello

“Non mi sono mai sentito un eroe per quello che ho fatto. In Vietnam invece ho fatto qualcosa di più, e purtroppo. Io prima di andare in Vietnam credevo nelle istituzioni degli Stati Uniti, nella bandiera. Gli Stati Uniti sono un grande Paese e quella bandiera, per me, rimane una cosa importante”.

E a proposito di quella bandiera americana che sul manifesto di “Kill me if you can” appare scura, in ombra, Infascelli dice: “Raffaele mi ha detto: perché non hai messo le stelle? E io credo che questo sia un momento storico in cui le stelle non si vedono, da nessuna parte. Ci auguriamo di poter tornare a vederle”.

Lorenzo Mieli, CEO di The Apartment, e Gabriele Immirzi, CEO di Fremantle Italia, hanno commentato in una dichiarazione congiunta.

Alex è uno dei registi più ispirati della sua generazione. Siamo molto fieri di far parte di questo nuovo capitolo della sua opera creativa e siamo fermamente convinti che la storia di Minichiello abbia, per tanti versi – sorprendenti e affascinanti – un forte impatto nel nostro mondo di oggi? “.?

Produzione e distribuzione

Il documentario è prodotto da FREMANTLE ITALIA con RAI CINEMA, con la collaborazione di THE APARTMENT, società del gruppo Fremantle.FREMANTLE INTERNATIONAL si occuperà delle vendite internazionali.? Montato e diretto da Alex Infascelli. Scritto da Alex Infascelli e Vincenzo Scuccimarra. Prodotto da Lorenzo Mieli e Gabriele Immirzi

Wanted cinema e la produzione

Wanted è una società di distribuzione fondata nel 2014. Nel giro di pochi anni è diventata un punto di riferimento nel mercato cinematografico italiano, proponendosi con una linea editoriale molto chiara e spettinando tutti con la qualità delle scelte proposte.

Un cinema di ricerca e “ricercato”, per un pubblico che si aspetta non soltanto divertimento, ma anche pensiero, stimolo, approfondimento. Un catalogo di oltre 150 titoli, tra film e documentari, vincitori nei principali festival nazionali e internazionali: premi del pubblico, della critica e con ottimi riscontri al Box Office.

L’ottimo catalogo Wanted è consultabile al seguente link: https://wantedcinema.eu/catalogo/

 

 

 

 

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