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Jeong-sun

Regia di Jihye Jeong vedi scheda film

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La recensione su Jeong-sun

di pazuzu
7 stelle

Ji-hye Jeong vuol far riflettere sulla tendenza ad un approccio leggero rispetto ad un reato subdolo e vigliacco, e per farlo aderisce in pieno alla persona della protagonista insinuandosi con camera a mano nella sua quotidianità e prendendosi tutto il tempo necessario per arrivare a dettagliare lo snodo che le cambierà la vita.


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Jeong-sun lavora in una fabbrica: non è un impiego che le piace, in più deve sottostare ad un caporeparto odioso, ma alla sua età non più giovanissima è ciò che le permette di vivere una vita dignitosa. Ha una figlia in età da marito, che infatti non sta più con lei perché in procinto di sposarsi, che lavora nell'ufficio di una discarica e a sua volta si arrabatta per arrivare alla fine del mese. Lei invece il marito non ce l'ha, e nonostante sostenga non essere più il tempo per 'certe cose', sente il bisogno di avere qualcuno accanto a sè, e quel qualcuno potrebbe essere il neo-collega Yeong-su, un ex operaio edile - anche lui attempato single - che per via delle ginocchia ormai usurate ha dovuto trovarsi qualcosa di più leggero, che aspira a trovarsi un monolocale ma intanto alloggia in un motel: motel che diviene la base dei loro primi incontri e delle prime scaramucce.
Tra loro le cose sembrano andare tutto sommato bene fino a quando, in un momento di spensieratezza, non commette l'errore di autorizzarlo a riprenderla con il cellulare mentre canta per lui con indosso solo la biancheria.

 

 

Quello dei crimini sessuali digitali è un fenomeno in costante aumento, come effetto collaterale indesiderato ma fisiologico di una tecnologizzazione in crescita inarrestabile. Accanto a casi più eclatanti e spudorati che possono avere ad oggetto veri e propri filmini porno, magari con vittime giovanissime se non minorenni, ne esistono anche di più basici, meno spinti dal punto di vista della carne esposta, e meno accattivanti perché con soggetti diversi da ragazze giovanissime: ma non per questo si tratta di episodi meno dannosi.
Proprio, probabilmente, con lo scopo di far capire quanto simili abusi sappiano essere sconvolgenti per chi li subisce a prescindere dai centimetri di pelle nuda mostrati o dall'appeal della vittima, la regista Ji-hye Jeong dedica il proprio esordio ad un caso che un osservatore superficiale potrebbe definire meno grave: in fondo sta solo cantando e non è neanche nuda, si potrebbe dire... Ma al di là del livello di pornografia, è la violazione dell'intimità in sé ad essere in grado di devastare la psiche di chi la subisce, con conseguenze devastanti e talvolta irreparabili. E a rendere il crimine ancor più pesante è la sua astrattezza: in fondo basta un clic su un telefonino per rovinare una vita o una reputazione senza aver neanche il sentore di star commettendo un reato, di star ferendo qualcuno nel profondo, di star compiendo, con un semplice polpastrello, un gesto di inaudita violenza.

 

 

Con Jeong-sun, Ji-hye Jeong vuol far riflettere sulla tendenza ad un approccio leggero rispetto ad un reato subdolo e vigliacco, e per farlo aderisce in pieno alla persona della protagonista insinuandosi con camera a mano nella sua quotidianità e prendendosi tutto il tempo necessario per arrivare a dettagliare lo snodo che, nella quasi incoscienza del suo aguzzino, le cambierà la vita. Merito della regista è quello di saper mantenere un profilo basso senza mai perdere il controllo del racconto, anzi caricandolo di pathos fino a sublimarlo in un finale bello, convincente e liberatorio, merito della protagonista (Geum-soon Kim) l'essersi prestata anima e corpo restituendo gli alti e bassi emotivi e la forza interiore del proprio personaggio.

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