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Running Wild

Regia di Gregory La Cava vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su Running Wild

di darkglobe
6 stelle

Una comica in muto del grande La Cava, basata sulla bravura di W.C. Fields

Running Wild (letteralmente “fuori controllo”) è un film muto e poco noto, diretto da quel mago del cinema che fu Gregory La Cava, qui assai giovane, impegnato inizialmente per la Paramount in piccole commedie a basso costo e zeppe di gag. Questo suo lavoro è stato recuperato da qualche anno grazie ad una rimasterizzazione 2K effettuata su una pellicola in possesso dell’istituzione culturale The Library of Congress. Il valore di questo film risiede nel fatto che si tratta di uno dei rari lungometraggi muti oggi reperibili che vede come protagonista W.C. Fields, comico statunitense del primo ‘900, personaggio assai controverso per la sua indole dissacratoria, nonché attore di cui si ricordano sicuramente le sue partecipazioni in film sonorizzati (Se avessi un milione, Alice nel paese delle meraviglie, Davide Copperfield, Destino). Da osservare come Fields e La Cava fossero diventati grandi amici, anche di bottiglia, con senso di reciproca stima, al punto che il comico affermò che il regista era “il secondo uomo più divertente d'America” (dopo di lui, ovviamente) o “la migliore mente comica di Hollywood”. I due, insieme a John Barrimore, formavano quello che il regista chiamava il club della dossologia, quasi una sorta di Trinità.

Elmer Finch (W.C. Fields), sposato due volte, è un pavido uomo succube della nuova moglie (Marie Shotwell) e dell’odioso e dispettosissimo figliastro (Barnett Raskin), oltre che del piccolo cane: tutti e tre tiranneggiano lui e la bella figlia Elizabeth (Mary Brian, già Young Hollywood Hall of Fame) avuta dal primo e felice matrimonio. Quest’ultima amoreggia con Dave (Claude Buchanan) figlio nullafacente del titolare (Frederick Burton) della Harvey & Co, ditta di giocattoli in cui Elmer è un impiegato talmente sfruttato da non ricevere un aumento da 20 anni. Elizabeth chiede all’amato padre di comprargli un vestito nuovo per un ballo serale nonostante la situazione economica non sia delle migliori e nonostante la moglie di Elmer si opponga.

Elmer tenta timidamente ed infruttuosamente di chiedere un aumento a Mr. Harvey, che reagisce con tono sprezzante, ma la situazione prende una piega inaspettata quando camminando per strada trova un ferro di cavallo che lancia scaramanticamente alle sue spalle sfasciando la vetrina di una gioielleria: fuggendo finisce sul palco di uno spettacolo teatrale di vaudeville per Lions dove Arvo, un ipnotizzatore (Edward Roseman), lo convince di essere un leone senza paura. Elmer a quel punto scappa prima che venga risvegliato e riesce in preda a un delirio leonino a sistemare a suon di pugni Amos Barker (Frank Evans), un concorrente della Harvey & Co, nonché cliente moroso e violento, esigendo il dovuto; fidelizza un nuovo importante acquirente, Henry Johnson (J. Moy Bennett), quest’ultimo esaltatosi nel reincontrarlo, dopo una prima disastrosa trattativa, credendo appartenga anche lui ai Lions; pretende poi dal consiglio di amministrazione un adeguamento dello stipendio. Infine guidando spericolatamente un’auto rubata al volo, torna a casa per sistemare le vecchie questioni familiari, regalando prima di tutto l’agognato vestito alla figlia. Fracassa poi il quadro dell’ex marito della consorte, terrorizza il cane e riconduce a suon di botte e frustate il figliastro a più miti consigli.

Fortunatamente, anche dopo l’intervento riparatorio dell’ipnotizzatore, Elmer manterrà salda la riconquista del rispetto dovuto sul lavoro e soprattutto in famiglia.

Si tratta in sintesi di film basato su un canovaccio dalla semplicità quasi disarmante per quanto sia ingenua, nel quale tuttavia tra le righe si delineano i temi del cinico sfruttamento lavorativo e della vacuità del carrierismo e dei soldi, oltre che della dicotomia tra desiderio e realtà, temi che col tempo La Cava riprenderà con una efficacia ed un acume che lo renderanno un maestro ineguagliabile (regista “magistrale” lo definì Ginger Rogers). L’intero film si regge dunque essenzialmente sulle gag slapstick da comica, imperniate su W.C. Fields, definendone quella personalità da “eroe” che l’attore avrebbe poi incarnato negli anni ‘30.
Alcune sono assai divertenti e per certi versi uniche, nonostante il peso degli anni: l’accanita esercitazione ginnica mattutina, mentre Elmer ascolta tramite una radio valvolare un istruttore muscoloso, strappa ad esempio più di un sorriso; ed esilarante, oltre che per certi versi ancora oggi ineguagliata, è la camminata saltellante e ballerina - quasi fosse il girato di un musical - con cui lo stesso protagonista si dirige al lavoro schivando ogni sorta di incidente.

Mary Brian ha una delicatezza estetica assai raffinata e nonostante il muto le sue movenze appaiono del tutto naturali tanto che l’intesa con Fields risulta essere assolutamente riuscita.
La mdp è statica e si concede parsimoniosamente al massimo qualche panoramica orizzontale, mentre incredibilmente efficace, pensando che oggi con effetti speciali mirabolanti si ottiene molto di meno, appare la ripresa in camera-car della folle corsa in auto.

La cancel culture avrebbe oggi costretto la produzione ad inserire qualche disclaimer in merito ai maltrattamenti finali dell’insopportabile e malefico figliastro del protagonista, ma il film va correttamente contestualizzato visto che siamo a quasi un secolo dalla sua prima uscita.

Running Wild dopo il restauro è disponibile con la colonna sonora composta ed eseguita da Donald Sosin.

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