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The Damned Don't Cry

Regia di Fyzal Boulifa vedi scheda film

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Questo testo contiene anticipazioni sulla trama.

La recensione su The Damned Don't Cry

di obyone
7 stelle

 

scena

The Damned Don't Cry (2022): scena

 

Venezia 79. Mostra Internazionale d'Arte Cinematografica.

Fatima-Zahra ed il figlio Selim sono anime erranti abituate a fare i conti con la realtà del Marocco. La donna, tuttavia, non più giovane e ormai sfiorita, viene picchiata e derubata degli averi raccimolati nei duri anni di lavoro come prostituta. Rimasta senza il becco di un quattrino spera di essere accolta nella famiglia d'origine che Selim, ormai tardo adolescente, non ha mai conosciuto. Nel villaggio della madre Selim scopre la verità sul suo conto. Gli screzi, inevitabili, tra Fatima e le donne della famiglia, insieme alla vergogna del ragazzo fanno sì che i due tornino nella più rassicurante Tangeri dove nessuno sembra seriamente preoccupato della loro umile origine, dei trascorsi della madre o della condizione di bastardo del ragazzo. Nell'immediato, anzi, la città bagnata dall'Oceano Atlantico sembra offrire ad entrambi opportunità mai avute in precedenza. Fatima-Zahra trova un uomo che potrebbe rendere onorabile la sua infima esistenza garantendole un tetto stabile e sostanza mentre Selim conosce un giovane e affascinante francese la cui spregiudicatezza sessuale è fonte di turbamento emotivo ed occasione di riscatto economico.

Il regista britannico, di chiare origini maghrebine, Fyzal Boulifa, mette alle spalle le confortevoli ambientazioni dell'Essex, teatro del suo primo film, e fa un passo verso le origini ambientando in Marocco l'opera seconda. Presentato alle ultime Giornate degli Autori e coprodotto con capitali provenienti dal Vecchio Continente e dal Marocco questo "Les damnés ne pleurent pas" tradisce fin dal titolo l'impianto drammatico del racconto.

La relazione tra madre e figlio è al centro degli eventi in un coming of age a tematica queer in cui Selim recide, non senza momenti dolorosi, il cordone ombelicale che lo tiene, da sempre, legato alla madre. Fyzal Boulifa, a contrario del giovane Selim, cerca di riannodare il cordone con il paese d'origine raccontando la società marocchina contemporanea. Non manca di coraggio il regista che descrive le bugie che alimentano un rapporto madre/figlio fin troppo protettivo ed esplora una sessualità libera ma deviata stando alla morale imperante. Boulifa non nasconde la propria disapprovazione per una religiosità bigotta e di facciata in cui la spiritualità è scambiata per mesta ed incolore esternazione del proprio animo. La fede in Dio è soppiantata dalla superstiziosa offerta di mutandine femminili in un tempio della fertilità e da un'opaca conformazione a regole rigide e logore. Con altrettanto vigore il regista descrive le pulsioni sessuali di Selim nei confronti del più grande e smaliziato Benjamin. È in questo frangente che Boulifa eleva il rapporto tra i due maschi a simbolo di un colonialismo economico che vede l'opulento Occidente appropriarsi sistematicamente ciò che desidera. Benjamin si prende le attenzioni del giovane factotum della casa rispettando regole di gioco che sospingono il giovane Selim verso la condizione subalterna di mero oggetto sessuale. Da qui la maturazione che porta il ragazzo a perfezionare la fuga da una condizione servile opprimente ed emotivamente imbarazzante i cui effetti, per altro, portano con sé controindicazioni e debiti da onorare.

Boulifa si mantiene in bilico tra dramma e leggerezza anche se il primo predomina nei momenti più delicati della narrazione. Nonostante la dolorosa discesa agli inferi dei due protagonisti il finale danzante che risveglia l'innato entusiasmo di Fatima-Zahra sembra alludere alla rinascita della donna rimasta sola dopo il necessario compimento del destino del figlio. La grigia redenzione dell'anima è alle spalle così come la prigionia fisica e sentimentale del ragazzo. Un altro capitolo della vita si apre davanti a ciascuno dei due e stavolta ognuno è chiamato a seguire i propri sogni e le proprie inclinazioni autonomamente.

Riassumendo "Les damnés ne pleurent pas" è un buon film che prova a raccontare una realtà non troppo lontana dalla nostra in cui la vita è più complessa ma in cui le speranze e le passioni sono comuni alle nostre.

 

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