Regia di Darren Aronofsky vedi scheda film
Una musica cupa e profonda, quasi giungesse dalle profondità oceaniche dell'Atlantico, introduce la nuova pellicola di Darren Aronofsky. Ma The Whale non è un racconto su Moby Dick; o meglio, lo è soltanto in parte, in quanto elemento centrale del corso online nel quale Charlie (Brendan Fraser) insegna, pur non mostrandosi mai.
Perché Charlie si vergogna di sé e del proprio immenso corpo - sostenuto da protesi eccellentemente fabbricate per l'occasione. La pellicola, nell'arco dei primi venti minuti, mostra tutti gli astri che ruotano attorno a tale figura: un giovane missionario di nome Thomas (Ty Simpkins), l'amica/aiutante Liz (Hong Chau) e la figlia Ellie (Sadie Sink), mentre la ex moglie Mary (Samantha Morton) apparirà soltanto nella seconda metà della pellicola.
The Whale (2022): Brendan Fraser
Il dramma, di impianto fortemente teatrale - e derivato, difatti, da una pièce di Samuel D. Hunter (2012), qui presente in qualità di sceneggiatore - è interamente concentrato sulla dimensione domestica di Charlie, precludendo allo spettatore ogni possibile peregrinazione esterna. Ciò riguarda sia l'aspetto motorio/visivo che quello conoscitivo/narrativo: impariamo qualcosa sul passato di Charlie assieme ai coprotagonisti, custodi fino a quel momento di diverse verità a seconda del proprio rapporto con la figura-cardine del racconto.
La bassa luminosità degli interni viene esaltata da una fotografia sobria e puntuale, abile nell'offrire una chiave di lettura naturalistica ed al contempo espressiva: le ombre sul passato del protagonista vengono rafforzate proprio da tale dimensione visiva, fornendo alla luce (distinta in artificiale e naturale) un importante significato. Non è un caso che una delle poche sequenze in esterni, ovvero quella del dialogo tra Liz e Thomas, sia avvolta da un cielo plumbeo, grigio ed incapace di far (ancora) filtrare una totale risoluzione pur aprendo nuovi scenari e svelando importanti fatti del passato.
The Whale (2022): Hong Chau
Tristezza, depressione, lotta con il proprio passato ed anche una speranza per il futuro, sottoforma della ribelle ed intelligente figlia Ellie, sono gli ingredienti principali di questo toccante lungometraggio. Molti si sono soffermati sul bodyshaming, ritenendo come il trattamento riservato alla condizione fisica del protagonista non abbia ricevuto la giusta attenzione; penso che tali considerazioni siano parziali ed incapaci di cogliere il prodotto nella sua interezza, focalizzandosi in maniera negativa su aspetti determinanti per la resa filmica come l'iperrealismo sonoro e l'utilizzo di un aspect ratio stretto (1,33:1). Queste due armi, sapientemente utilizzate da Aronofsky, permettono infatti di rendere il personaggio un elemento ingombrante su schermo, soverchiante al punto da rafforzare la narrazione totalmente incentrata sulla sua persona; criticare tale regia significa non riuscire a scorgere oltre la superficie.
The Whale (2022): Sadie Sink
Probabilmente non parliamo del miglior film dell'anno. Sicuramente, però, parliamo di un titolo che conferisce grande forza alla performance di Fraser, capace di consegnare allo spettatore uno spettro molto ampio di sentimenti, di sensazioni, di spunti di riflessione e di emozioni immergendosi totalmente nel personaggio, sia nei tratti esteriori che in quelli interiori. Una immedesimazione totale che - forse - ha saputo pescare anche nei dolori dell'uomo posto dietro all'attore, volenteroso di urlare al mondo che non era scomparso, mentre un'area importante del business cinematografico lo relegava ai margini e la vita gli riservava una serie di dolori (la morte della madre, il divorzio e vari problemi di salute).
Un riscatto vero, sotto più livelli. Non è detto che l'Oscar finisca nelle mani di Fraser (alla prima nomination, oltretutto); ciò che ci si augura maggiormente è un suo saldo ritorno ai vertici dell'industria, così da poter vedere nuovi prodotti di questa caratura.
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