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Human Flowers of Flesh

Regia di Helena Wittmann vedi scheda film

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La recensione su Human Flowers of Flesh

di EightAndHalf
4 stelle

Un gruppo su uno yacht nel Mediterraneo, l’immagine di alcuni legionari che si allenano e sistemano i loro letti, lo sguardo curioso di Angeliki Papoulia su di loro e intanto qualche dialogo sulla storia mitologica dei coralli (che deriverebbero dai capelli di Medusa) e qualche altro dialogo sul fluire impercepibile del mondo. Helena Wittmann appiccica assieme vari stereotipi del cinema d’avanguardia contemporaneo (la pellicola, le immagini al microscopio, i filtri amatoriali, la trama azzerata) per condurre lo spettatore in un viaggio esistenziale alla scoperta del mondo. Ma per poter creare le sue scene-madri deve rimpolpare di immagini di contesto: ecco quindi primi piani di uomini che si stanno per addormentare, riprese di Papoulia che nuota, dettagli dei marinai che issano la vela. Qualcuno dice “ricordo solo la noia, il caldo, la polvere” e noi dovremmo prenderlo sulla parola. Il risultato non è arricchente, sciorina bellezza fotografica fine a se stessa e non propone risposte perché non sa neanche il film quali siano le domande. All’enigma ambiguo presenzia solo il vuoto pneumatico, la flaccida provocazione intellettuale e l’assenza assoluta del senso del tempo cinematografico. Un’agonia comunque la si metta, anche e soprattutto per come è sprecato Denis Lavant, ché a vederlo solo camminare bastava Journey to the West di Tsai Ming-liang.

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