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Esterno notte

Regia di Marco Bellocchio vedi scheda film

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La recensione su Esterno notte

di diomede917
10 stelle

CIAK MI GIRANO LE CRITICHE DI DIOMEDE917: ESTERNO NOTTE

 

Per Marco Bellocchio, Aldo Moro è diventato una sorta di ossessione che deve sviscerare in tutti i modi possibile per essere apposto con la sua coscienza.

Aldo Moro è comunque il simbolo e fotografia di una certa Italia che stava cambiando ma che un’altra Italia non voleva che cambiasse.

Marco Bellocchio tratta questa vicenda nello stesso modo con cui Quentin Tarantino ha trattato la Storia in Bastardi senza Gloria e C’era una volta a Hollywood ossia usa il suo potere di regista per cambiare e soprattutto regalare un epilogo più giusto e dignitoso alla persona.

Se in Buongiorno, Notte ipotizzava un Aldo Moro che fugge dal suo nascondiglio per vagare sorridente per le strade di Roma, raccontando la vicenda dall’Interno della sua prigionia con Esterno Notte Marco Bellocchio osa di più.

Il film si apre con Aldo Moro vivo e sofferto in un letto d’ospedale, al suo capezzale il Gotha della DC composto da Andreotti – Cossiga -Zaccagnini. Nessuno in Italia ancora sa che il presidente della Democrazia Cristiana è vivo, nemmeno il Papa.

A questo punto partono i 6 capitoli che raccontano quei 55 di prigionia visti da una prospettiva esterna.

Il primo Capitolo è incentrato sulla figura di Aldo Moro, sui giorni che ne precedono il suo rapimento ma soprattutto sul cercare di capire attraverso i suoi gesti e le sue parole le motivazioni che portarono a quello drammatico finale.

Aldo Moro è un superlativo Fabrizio Gifuni. Lui incarna tutto il lato umano di una figura nata e destinata a cambiare per sempre il nostro Paese.

Il suo Aldo Moro è molto fermo e deciso quando deve affrontare i colleghi di partito ributtanti all’idea di un Governo coi comunisti, è il politico a 360 quando si rapporta e tratta con Enrico Berlinguer la lista di Ministri e Sottosegretari che avrebbero composto quel Governo a suo modo rivoluzionario, è l’uomo che ama la sua famiglia sopra ogni cosa che si confronta con le figlie, che aspetta alzato il figlio fino a ora tarda prima di dormire, che obbliga a lavarsi sempre le mani. Ma è soprattutto quel bambino indifeso che sente più che mai il bisogno di dormire nel lettone col nipotino, un momento che lo fa sentire in pace con tutti e che lo rilassa.

Il suo capitolo finisce nel momento della strage di Via Fani e lì entra in gioco la visione della DC a sorpresa incarnata dall’allora ministro degli interni Francesco Cossiga, un bravissimo Fausto Russo Alesi che già aveva lavorato con Bellocchio regalandoci un ottimo Giovanni Falcone “amico rispettoso” di Tommaso Buscetta.

Il Cossiga rappresentato da Bellocchio è un paranoico che spia le Vite degli Altri, una cosa che fa tantissimo anni ’70. Un uomo di potere che può decidere le sorti dell’Italia ma che all’interno della sua famiglia non riveste alcun ruolo istituzionale rifiutato e allontanato dalla moglie, allontanamento che è fonte di un forte stress cutaneo.

Il terzo e, in attesa di vedere la seconda parte prevista per il 9 giugno, ha per protagonista Papa Paolo VI. L’unica e vera figura amica del cattolicissimo ma non bigotto Aldo Moro.

Il Paolo VI interpretato da Toni Servillo è una figura stanca, dolorante, quasi impotente che si provoca torture quasi a punire il suo immobilismo.

È l’elemento onirico del film, sogna un Aldo Moro che porta la croce durante una Via Crucis tra i compagni di partito e Bellocchio gli regala uno dei momenti più belli del film quello della stesura della lettera alle Brigate Rosse che segna il passaggio tra le due parti che compongono il film.

Aspetto giugno per poter dare un giudizio più mirato e obiettivo ma per adesso quello che ho visto è altissimo cinema.

Marco Bellocchio sta invecchiando benissimo, il suo cinema ha metabolizzato il linguaggio moderno regalandoci film che sono qualitativamente quanto di meglio il cinema italiano possa offrire (come fu il precedente Il Traditore).

Per Adesso Voto 8

Arricchisco questa recensione dalla visione della parte seconda. Gli utlini 3 capitoli che sono una sorta di J'accuse del regista nei confronti di quelli che vennero chiamati "Anni di piombo". Un atto di accusa totale e trasversale sia nei confronti di quella classe politica che ha letteralmente mandato al patibolo lo statista pugliese che nei confronti degli esecutori materiali dell'omicidio Moro che nascosti dietro ai propri ideali hanno fatto paradossalmente la cosa meno rivoluzionaria del loro percorso.

Il quarto capitolo è proprio incentrato sulla figura di Adriana Faranda, creando una sorta di Buongiorno, Notte 2.0 .

Una femminista contro tutto e tutti. Sopratutto all'interno delle "Maschiliste" Brigate Rosse, lei vuole dimostrare quanto sia brava e determinare a gambizzare professori universitari. I suoi occhi che brillano come un bambino che ha ottenuto il regalo che voleva dopo aver sentito la notizia del rapimento Moro e il conseguente massacro della scorta.

Un'idelista a 360 che cerca di convincere i vertici del movimento quanto sia più utile e pericoloso per la scena poltica italiana Aldo Moro vivo anziche morto. Purtroppo per lei e Valerio Morucci, loro sono dei soldati e come tali devono ubbidire ad ordini e anche disposti a morire per la propria guerra personale e sociale.

Se Daniela Marra e Gabriel Montesi sono bravissimi nell'incarnare l'anima pentita e delusa delle Brigate Rosse, da premio è la Nora Moro interpretata da Margerita Buy.

Il capitolo dedicato alla famiglia Moro e sopratutto alla capofamiglia suo malgrado è veramente molto intenso e tosto e credo sia il capitolo migliore dei 6 realizzati da Marco Bellocchio.

L'Apertura spiazzante di una donna in crisi col proprio marito che confessa i suoi dubbi di moglie al proprio confessore spirtuale proprio mentre nei cieli di Roma ci sono gli elicotteri della polizia è bellissima.

Di colpo Nora Moro viene scaraventata nel suo ruolo istituzionale. Nasconde a forza il proprio dolore e riconosce i membri della scorta trucidati. La telefonata alla moglie di uno di loro è un atto di dolore straziante e un momento di alto cinema.

Col passare del tempo si isola da quello che è stato il suo mondo fino a quel giorno e prende le distanze dalle persone che piangono la morte di Aldo Moro ancora prima che venga ucciso.

Una donna che si incatena contro l'immobilismo voluto della Democrazia Cristiana in nome di una fermezza in difesa del proprio ruolo e del proprio potere.

Un crescendo di Emozioni che troveranno sfogo nell'ultimo e durissimo capitolo che vede protagonista un Aldo Moro inedito. Interpretato da un super Fabrizio Gifoni portatore di un sano "Odio" durante una confessione ad un giovane parroco, un Moro ormai rassegnato e consapevole del suo destino che urla "Io Odio Giulio Andreotti", che urla "Francesco Cossiga è un Bipolare" e soprattutto urla a chi lo accusava di pazzia "Cosa c'è di folle a voler continuare a vivere".

A questo punto per chi non volesse vederlo al cinema vi invito caldamente a guardare questo capolavoro in TV perchè di fiction così non ne troverete in giro.

Voto 10

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