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Vite vendute

Regia di Henri-Georges Clouzot vedi scheda film

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La recensione su Vite vendute

di alan smithee
10 stelle

H-G. CLOUZOT

In un paesello chiamato las Piedras, assolato e circondato dal deserto sudamericano, trovano rifugio alcuni loschi individui, di differenti nazionalità, fuggiaschi ognuno per i propri motivi.

Senza quattrini, vivacchiano tra le terrazze e le modeste sale di un bar, alla ricerca vana di un qualche appiglio per tirar su qualcosa.

Quando, poco distante, presso un giacimento petrolifero, uno scoppio incendia tutto l’insediamento provocando decine di morti, la società di gestione statunitense si convince che l’unico modo per spegnere il focolaio, è bombardarlo con un esplosivo potente.

L’unico a disposizione è un carico di nitroglicerina, potentissima ma assai difficoltosa da trasportare, specialmente su strade di fortuna come quelle che collegano il paesino al giacimento.

L’italo francese Mario (Yves Montand), il francese Mister Jo (Charles Vanel), l’italiano Luigi e lo scandinavo Bimba si aggiudicano la rischiosa, quasi impossibile impresa per 2000 dollari ciascuno.

I quattro, suddivisi su due camion, dovranno arrivare sani e salvi alla meta con il micidiale e sensibilissimo esplosivo: un calvario pieno di ostacoli, rischi e imprevisti, che costerà davvero molto caro a tutti i quattro intraprendenti fuggiaschi.

Dal romanzo di Georges ArnaudLe salaire de la peur”, che a questo film gli preferì di gran lunga il pur ottimo e tribolatissimo e comunque magnifico remake di William Friedkin “Sorcerer”, Henri-Georges Clouzot firma il suo capolavoro assoluto.

Un film che eccelle per la tensione palpabile che riesce per tutte le sue oltre due ore a comunicare allo spettatore, davvero tangibile e quasi insostenibile quando i camion iniziano ad avviarsi verso il loro insidioso, anzi impossibile tragitto di morte.

Clouzot non rinuncia – saggiamente – a raccontarci nella prima ora, la vita sonnecchiante e stolta dei fuggiaschi, annoiati, senza un centesimo, assetati di alcol, di riscatto sugli avversari, bramosi di denaro e pure di soddisfazione sessuale, dando vita, ancora una volta, come nelle sue già notevoli opere precedenti in modo esemplare, ad un teatrino umano assai ironico e profondo, in grado di tirar fuori tutta la bestialità e la bassezza di sentimenti che alberga nella persona di questo gruppo di profughi senza meta, soldati di ventura apparentemente senza morale e senza scrupoli.

Nell’indolente inedia dei giorni che precedono la missione rischiosissima che li coinvolge, assistiamo anche al corteggiamento di Mario nei confronti della sensualissima cameriera al servizio dello sgradevole e greve padrone dell’osteria: unico personaggio femminile e peraltro assai avvenente, a cui dà volto e corpo con erotica pertinenza una Vera Clouzot mai così efficacemente sensuale come in questo film, ove appare per pochi minuti, ma senza per questo passare inosservata. La scena del lavaggio per terra, con la donna in posa civettuola, accucciata col seno quasi scoperto e il posteriore svettante all'indietro, risulta come una sequenza  assai torrida ancora ai nostri giorni e sotto gli sguardi ormai smaliziati di oggi.

Una incredibile Vera, all'epoca di quarant'anni, ma portati in modo egregio.

Di fatto l’erotismo che traspare sia dal suo fisico minuto ma prosperoso, sia dalla esuberanza di un Yves Montand sempre in canottiera scollatissima, e pure ripreso in slip adamitici mentre sonnecchia indolente su un’amaca all’ombra, sono situazioni forti e quasi incredibili in un film di inizio anni ’50.

Ma la vicenda prende il suo corso con l’incarico impossibile, ed in film da quel momento catapulta lo spettatore entro un percorso ad ostacoli che sadicamente lo trascina quasi come a trovarsi all’interno dell’abitacolo scomodo e disadorno dei due mezzi coinvolti, assieme ai quattro disgraziati sbandati. La tensione è palpabile come mai, e Clouzot riesce a gestire la tensione ancora una volta senza ricorso ad atmosfere musicali fuorvianti o comunque sin troppo facili per coadiuvare e agevolare il coinvolgimento: pura maestria della messa in scena, e il rimando ad un evento fatale che anche quando avviene, lo si intuisce dai particolari (il tabacco da arrotolare che vola via, come conseguenza di una deflagrazione spaventosa a breve distanza del camion in testa al piccolo convoglio), non dall’effetto nel suo avvenire, se non a distanza, tra gli occhi esterrefatti dei due sopravvissuti.

E le inquadrature sulle ruote che slittano nella melma, o in bilico tra le palizzate pericolanti di una curva impossibile da gestire, la necessità di mantenere una velocità che impedisca al camion di vibrare a seguito delle asperità malefiche di un terreno che il deserto e la siccità hanno reso come una crosta porosa e piena di insidie.

Clouzot non dimentica nulla, nemmeno il maligno dirompente sberleffo finale, a suggello di una disperazione che vanifica ogni sforzo, ed ogni maledetta e diabolica impresa impossibile.

 

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