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A cena col vampiro

Regia di Lamberto Bava vedi scheda film

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La recensione su A cena col vampiro

di scapigliato
8 stelle

Piace questo episodio della serie “Brivido Giallo”. Tra ironia e un gusto macabro per la rappresentazione dell’immaginario horror, Lamberto Bava sa muoversi bene, senza prediligere un registro piuttosto che un altro, che probabilmente manco gli interessa. La sceneggiatura è quella che è: semplice ma azzeccata per il contesto televisivo, e sa comunque aprirsi ad intuizioni narrative indicate per il genere, come il corredo pseudo-lesboerotico che veste le protagoniste femminili, così come i rimandi al cinema: quello citato, come quello osmosizzato, mimetizzato nel filmino d’antan. Tra l’altro, questo “film” nel film è affascinante perchè il vampiro impressionato sulla pellicola, oltre che ad essere fotografato in bianco e nero, è di una bellezza scenica palpabile. Merito dell’artigianalità degli effettisti ancora lungi dal digitale. Infatti, non ci si può non commuovere e sorridere come bambini davanti a leccornie, quando viene strappato via il cuore al giovane aiutante del George Hilton regista-vampiro, oppure quando questi si scioglie a fine film. Ma tutto, dall’iconografia fumettistica e sensibile di Geleng al trucco di Stivaletti, compresa la bella partitura musicale che fa molto road-western americano con quelle corde di chitarra strimpellate, tutto questo agisce plasticamente sull’immaginario restituito in grande stile allo spettatore. Parliamo sempre di un prodotto televisivo italiano, che ha grossi punti deboli nella recitazione e nella fluidità narrativa, ma parliamo anche di un mestiere, di un artigianalità horror che ha insegnato a tutto il mondo a “plastizzare”, “concretare”, rendere palpabilizzabile ed evocatico l’immaginario. Gli attori non sono malissimo, e Riccardo Rossi è spassoso con quel suo dichiarato distacco surreale dalla realtà. Infatti la battuta più divertente è tra lui e il vampiro. George Hilton dice di essere stato più volte dallo psichiatra ma senza guarire. Anzi, si ricorda pure dell’incontro con Freud: “Freud credeva che io succhiassi il sangue alle mie vittime, perchè odiavo mia madre” e Rossi: “Pensa che scemo”. Hilton va detto che gigioneggia esageratamente, e a volte supera il confine con l’accettabile, e diventa più ridicolo che grottesco, che forse era l’idea del regista. Si nota la presenza di uno pseudo-Igor, ingobbito e poco simpatico, che di Marty Feldman non ha proprio nulla. Bella e in parte la Russinova, i cui amplessi lesbo-vampirizzati ci fanno tremare. Poco, per castrazione!, ma ci fanno tremare.

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