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La montagna sacra

Regia di Alejandro Jodorowsky vedi scheda film

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La recensione su La montagna sacra

di Dalton
8 stelle

Il film della provocazione per eccellenza, sfilata senza soluzione di continuità di immagini deliranti, la cui realizzazione non sarebbe mai stata consentita in un set d’origine filoamericana. Si divide in tre atti. Il 1° atto è un omaggio all’avanguardia surrealista buñueliana de UN CHIEN ANDALOU e L'ÂGE D'OR, ma anche alla visionarietà pop del coevo quanto irriverente Kenneth Anger (SCORPIO RISING). Un susseguirsi di sequenze apparentemente prive d’un trait d’union che non sia la visione del sosia d’un Gesù Cristo, deluso dall’ipocrita plasmabilità dei suoi credenti (rappresentati come insetti-soldatini) e dalla strumentalizzante mistificazione dei “mercanti del tempio”. C’è da non credere che recentemente, in concomitanza con la sua riedizione in DVD, gli abbiano derubricato il divieto ai minori di 18: specie in questa prima parte del film, ogni tabù e criterio di buon senso – specie nel vilipendiare il culto cattolico – viene praticamente infranto, con sequenze al limite dello scandalo anche per i canoni odierni. Dopodiché tale simil-messia si avventura in una torre misteriosa, dando vita al 2° atto del film. Qui costui incontrerà gli uomini più potenti della terra che confesseranno i loro misfatti ad un fantomatico santone alchimista (lo stesso Jodorowsky, regista d’evidente origine teatrale). Lo faranno tramite flashback stilisticamente ispirati allo humour dei Monty Phyton o alla scuola ebraico-newyorchese del primo Allen e Mel Brooks. Ci saranno batoste satiriche, piuttosto creative, che non risparmieranno niente e nessuno: dall’idiozia delle istituzioni alla passività delle masse da loro governate, passando per l’inconscio desiderio femminile d’assoggettarsi agli uomini più forti e potenti. Si traccia così un solco cinematografico per la parodia a sketch, che il quartetto Landis-Zucker-Abrahams-Zucker rinnoverà con la pellicola RIDERE PER RIDERE. Infine si giunge al 3° atto ed è qui che Jodorowsky imbocca un coerente sviluppo narrativo verso un sincretismo panteistico (cui l’autore crede realmente nella vita privata): a tal punto, lo sberleffo precedente rischia d’apparire come un carosello di sostegno ad una comparazione tra religioni tradizionali e un percorso new age ante-litteram (supportato soltanto dalla cabala o da solipsismi). Ed è da tal punto che si inimica la fiducia e l’attenzione degli scettici in cerca di poesia mordace, oltre che dei benpensanti. Ma il produttore era Allen Klein, manager dei “neo-illuminati” John Lennon e Yoko Ono che ben gradivano le volontà del regista messicano ... Quest’ultimo tornerà a spiazzarci nella sequenza finale, dove omaggiando il film pioniere del surrealismo – LA PALLA N°13 di Buster Keaton – rimetterà tutto in discussione e, insieme al contemporaneo EFFETTO NOTTE di Truffaut, anticiperà di qualche anno la metacinematografia tanto in voga al giorno d’oggi.

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