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The Faculty

Regia di Robert Rodriguez vedi scheda film

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La recensione su The Faculty

di scapigliato
10 stelle

Incipit straordinario. Il film si apre con adrenalinico ritmo, musica azzeccata, situazione dinamica, presentazione dei personaggi coinvolgente, elementi caratterizzanti il genere messi subito in chiaro. Fin dall’inizio si respira la stessa aria che ti faceva vedere film come I Goonies, Stand By Me e Explorers o I Gremlins con la stessa partecipazione emotiva dei giochi avventurosi/misteriosi tra amici a scuola o ai campeggi estivi. Non solo ti senti parte di un gruppo, l’equipe di studenti della Herrington High School, ma ti senti parte di una storia, di un impeto narrativo che percepisci come vitale.
Non solo il montaggio di Rodriguez è come al solito sapiente e giocoso allo stesso tempo - le zoommate a montaggio sono fantastiche - e non solo la sceneggiatura citazionista e solida di Williamson è puntuale nel mostrarci ogni dispositivo narrativo nella sua bellezza topica, ma perfino la discografia è scelta con intelligenza sapendo su quali brani puntare per dare maggior incisione ad un immaginario già saturo di immagini e topoi consolidati. Inoltre il cast snocciola giovani attori, tra cui spiccano Josh Hartnett, Elijah Wood e Shawn Hatosy, gli unici ad aver avuto giustamente una carriera professionale importante, e un corpo docente - la “faculty” del titolo - che sfoggia nomi culto come Robert Patrick, Piper Laurie e Famke Janssen. A chiudere, gli effetti speciali di Nicotero con Kurtzman e Berger che rendono giustizia a un film perfetto.
Ma The Faculty non è solo un giocattolone che funziona perfettamente, preciso e puntale negli snodi narrativi di genere, facendo la gioia dei fanatici della Sci-Fi che possono giocare a riconoscere le citazioni e tutti i rimandi. Se non possiede la gravità delle opere a cui si è ispirato, come L’Invasione degli Ultracorpi, preferendovi il tono leggero e spudorato, rebel-without-a-cause del mondo teen statunitense - fa testo la character-line di Hartnett: “Faccio solo la mia parte nella decostruzione dell’America” - possiede sicuramente tutta l’ambizione intellettuale dei film e dei romanzi che lo hanno preceduto.
Non credete mai a Robert Rodriguez quando dice che non fa film politici. Li fa eccome. Il Cinema di Rodriguez è cinema politico. E anche The Faculty, come i successivi Once Upon a Time in Mexico, Planet Terror e Machete, sono film politici perché nel loro indiretto attacco all’istituzione WASP portano avanti un discorso messicanista, e più in generale controculturale, che respira nelle trame di plot anglosassoni - la sceneggiatura dopotutto qui è sempre di Kevin Williamson. Stupisce così la miopia di tanta critica che pur lodando la fattura dei suoi film non capisce cosa sta dietro a ogni singola storia.
In The Faculty per esempio, nella definizione di una fauna adolescenziale varia, il regista non vuole solo seguire lo stereotipo del tipico teenager-movie, ma grazie alle performance degli attori riesce a definire un ulteriore mondo, quello individuale, che fa storia a sé. Nei gesti, nelle pose, negli scarti personalizzati da ogni attore secondo il proprio istinto, rivivono non dei tipi, ma bensì figure a tutto tondo, sempre nate dai clichè del caso, ma comunque commentate autorialmente.
In questo, è Hartnett a cavarsela al meglio. Il gigante di St. Paul sfodera una freschezza e una determinazione attorica così mature da reggere il confronto, tempi a venire, con altri grandi attori. L’istintualità liquida di Hartnett la si avverte fin dai suoi primi film. Fluido nei movimenti, a suo pieno agio nella coreografia dell’azione, l’attore usa con consapevolezza il suo corpo, lo modella seguendo le battute che ne definiscono il personaggio, e utilizza i suoi piccoli, scuri occhi neri per dire il non detto.
Attraverso quindi i materiali da lavoro - attori, montaggio, musiche, topoi, etc - Robert Rodriguez non si limita a costruire una perfetta macchina d’intrattenimento, ma crea un’opera che passati gli anni non invecchia di un secondo, e resta a bell’esempio di un cinema che coniuga divertimento con spessore ideologico. Tant’è che nel celebre tema dei “baccelloni”, la critica all’omologazione che arriverebbe dai piani alti delle istituzioni - non a caso una scuola, sede deputata alla libertà di pensiero - e la provocazione a combattere e annientare tale omologazione attraverso l'uso della droga è incisiva nella sua resa polemica, e rende bene anche come semplice motore narrativo. Questo permette di confermare come la forma - la grammatica anni ’70, i topoi del genere, le citazioni - sia il contenuto - controcultura, ribellione, fisicità del pensiero.

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