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15 minuti. Follia omicida a New York

Regia di John Herzfeld vedi scheda film

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La recensione su 15 minuti. Follia omicida a New York

di Eric Draven
4 stelle

 

Oggi recensiamo un film del 2001, 15 minuti - Follia omicida a New York, pellicola della durata netta di due ore esatte, scritta e diretta da John Herzfeld, regista di numerosi tv movie, qui al suo secondo lungometraggio cinematografico dopo il suo bell’esordio, il tarantiniano e bislacco Due giorni senza respiro (2 Days in the Valley), e atteso prossimamente nelle nostre sale col terzo capitolo del franchise Escape Plan con Sylvester Stallone.

15 minuti - Follia omicida a New York (sottotitolino assai generico appioppatogli alla buona, come al solito, dalla pedestre, fuorviante traduzione italiana) semplicemente in originale s’intitola 15 Minutes, titolo che dichiaratamente, come poi estrinsecato a grandi linee nella trama, si rifà alla celeberrima, profetica massima di Andy Warhol: In futuro, chiunque potrà essere famoso per quindici minuti.

Frase quanto mai attuale. Perché riflette con verosimiglianza i tempi odierni nei quali qualsiasi imbecille può raggiungere presto la popolarità grazie a sfacciate, edonistiche esibizioni sui vari social, assurgendo a divo di massa in pochi istanti, nonostante questo fugacissimo successo sia spesso effimero, mortificante e velocissimamente passeggero.

Sì, oggi come oggi, praticamente tutti possono diventare celebri in una manciata di minuti, in uno svelto quarto d’ora fortunato.

Un assunto alquanto ingombrante e importante, un titolo oneroso, diciamo, perché c’indurrebbe a credere che il film sia un’attenta e sociologica disamina del divismo e della facile notorietà, mercantile e non. E invece questo titolo suona più come uno specchietto per le allodole, visto e considerato che 15 minuti - Follia omicida a New York è essenzialmente un thriller molto violento, alquanto manicheo, superficiale, sconclusionato, una baracconata piuttosto insulsa e perfino un po’ irritante, un film reazionario di propaganda americana. Ché critica, almeno a livello visivamente esteriore, il sistema a stelle e strisce ma, nello sviluppo contenutistico ed etico-estetico che trasuda dai suoi singoli fotogrammi, pare invece asserire il contrario.

 

Trama...

 

Due immigrati fuori di testa scendono dall’aeroporto di New York e si avventurano nella Grande Mela. Due turisti senz’altro atipici, due sciroccati da guinness dei primati. Sono il ceco Emil Slovak (Slovak, nomen, anzi, cognome omen tanto da non lasciar adito a dubbi che sia della Cecoslovacchia) e il tarchiato, robusto Oleg Ragzul, interpretato dall’attore, ex lottatore di arti marziali, Oleg Taktarov. Attore che neanche a farlo apposta, ma guarda un po’, si chiama come il suo personaggio nel film ed è nato, manco a dirlo, a Sarov in Russia. Che fantasia...

Oleg se ne va a spasso con la sua videocamera e, quando ancora nel 2001 non impazzavano le “storie” su Instagram, l’unico modo per filmare in diretta le proprie vanitose follie era quindi andarsene in giro, registrando su nastri magnetici, con mini cassette VHS, ogni scombiccherata spericolatezza.

Infatti i due matti out of control, Emil e Oleg, cominciano a mettere sottosopra e a ferro e a fuoco la città, terrorizzando la gente e ammazzando a raffica. E Oleg, all’apice del suo incontrollato e più incosciente delirio megalomane, credendosi il suo idolo Frank Capra, filma il tutto per immortalare e tramandare ai posteri le sue “imprese”.

Sulle loro tracce si mettono il burbero ispettore Eddie Fleming (Robert De Niro) e il detective dei vigili del fuoco Jordy Warsaw (Edward Burns), esperto d’incendi dolosi.

Nella vicenda viene coinvolta anche una donna di nome Daphne (Vera Farmiga), unica testimone oculare del primo omicidio firmato da Emil e Oleg, e un telegiornalista senza scrupoli, Robert Hawkins (Kelsey Grammer) che, pur di far carriera, avere l’esclusivo scoop pazzesco e aumentare l’audience del suo network, non esita a “simpatizzare” per i due assassini.

Intanto, Fleming è innamorato della reporter Nicolette Karas (la bellissima e sensuale Melina Kanakaredes) mentre Jordy perde la testa per Daphne.

E il film può vantare anche un fulmineo cammeo di Charlize Theron e il pimpante sex appeal di Kim Cattrall, relegata a un ruolo infimamente secondario, da statuina inutile, sì, una sorta di “mannequin” giornalistica a sua volta di 15 minuti d’inconsistenza e futilissima impalpabilità.

Tutto qui. Ah no, troneggia anche la mitica hit, a suo modo attinente al contesto e al discorso di fondo ma qui sconsideratamente usata e abusata, Fame di David Bowie. Che con questo film c’entra come i cavoli a merenda.

Sì, il film aveva un buono spunto di partenza. Voleva essere, come detto ma precisiamolo, una critica alla sulfurea cultura americana per la quale ieri eri per tutti solamente un fallito, un invisibile signor nessuno, e il mattino seguente vieni elevato a eroe popolare come Rocky Balboa. E, se guarderete il film, capirete perché cito il beniamino del popolo per antonomasia, Rocky.

Il nuovo film di Herzfeld avrà come protagonista Stallone, il quale a quanto pare è un idolo di Herzfled e, a ragione del fanatismo di Herzfeld per Stallone e ricollegandomi alla tesi maldestramente esplicata ed eviscerata in 15 minuti - Follia omicida a New York, Herzfeld e Stallone hanno girato peraltro assieme Reach Me - La strada per il successo.

Detto questo, torniamo proprio a 15 minuti - Follia omicida a New York. Un film che cerca vanamente e in maniera insopportabilmente furbesca di spacciarsi per una pellicola seriamente impegnata ma che non fa niente per nascondere il suo autocompiaciuto, vero, commerciale intento capzioso, cioè quello di palesarsi ai nostri occhi soltanto come un confusionario action che, nonostante le ottime scene d’azione e un incendio spettacolare simile a Fuoco assassino, è imperdonabilmente sotteso da un giustizialismo moralistico abbastanza indifendibile. Certamente non vomitevole, a differenza di ciò che in molti hanno affermato, e 15 minuti - Follia omicida a New York non è a ben vedere, e a rivederlo oculatamente con più lucida obiettività, nemmeno un film fascista. No, per niente. Ma è un film che vuol essere un po’ tutto, non centrando nessun bersaglio.

Comunque, intrattiene.

Erano annate, cinematograficamente parlando, assai confusionarie per De Niro...

 

 

 

 

di Stefano Falotico

 

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