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Amores perros

Regia di Alejandro González Iñárritu vedi scheda film

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La recensione su Amores perros

di tobanis
7 stelle

Visto per la prima volta dopo 20 anni, perde un po' di efficacia a causa degli altri lavori di Inarritu, ma merita.

Ogni tanto vado a cercarmi dei film che per qualche motivo mi ero perso per strada. Qua ho dovuto andare indietro di una ventina d’anni per questa opera di Inarritu (allora al primo film per il grande schermo, ma poi come noto arriveranno vari Oscar e nomination, nella sua carriera), allora 37enne. Ed è giovane anche uno dei protagonisti, Gael Garcia Bernal, allora 22enne e sconosciuto, qua nel film che l’ha lanciato e poi reso famoso.

Nel film ci sono varie storie, tra loro un po’ intrecciate, in alcuni momenti, e storie sempre con la presenza di cani. L’inizio è nel Messico più squallido, dove la miseria economica è accompagnata dalla miseria culturale, morale, intellettuale. Bernal è un giovane sfaccendato che vive con la madre, col fratello (un commesso delinquente, dedito alle rapine alle farmacie) e la moglie dello stesso (una ragazzina un po’ scema che va ancora a scuola), la quale ha già un bambino che posteggia dove può. In casa c’è un bel rottweiler, che il protagonista sfrutterà nelle illegali lotte tra cani.

La storia più assurda e surreale è invece tra la modella e l’amante, il quale lascia la famiglia e la porta nel nuovo appartamento; una casa elegante ma con un parquet che cede e rivela topi sotto il pavimento (come può essere?). Il cagnolino di lei scomparirà in uno di questi buchi nel parquet, per poi essere ritrovato; la modella finirà coinvolta in un brutto incidente (con  Bernal) e non sarà finita lì.

L’episodio più interessante è quello del barbone che vive assieme ai cani. Costui è in realtà un vecchio ex guerrigliero e sarà la sua la storia più affascinante e conclusiva.

Il film è lungo ma non stanca, è bello; la critica che seguivo al tempo lo bocciò, chissà perché, mentre il grande pubblico fu subito entusiasta dell’esordio di Inarritu. Io sono per un 7. Il film finì subito nella cinquina dell’Oscar per il film straniero (battuto da La tigre e il dragone); partecipò a Cannes dove vinse un premio minore. Andò bene al botteghino, nel circuito dei film d’essai.

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