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Everything Everywhere All at Once

Regia di Dan Kwan, Daniel Scheinert vedi scheda film

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La recensione su Everything Everywhere All at Once

di steno79
7 stelle

Hollywood ha deciso di premiare per l'anno appena trascorso, in maniera eclatante con le sette statuette più prestigiose e pesanti, un oggetto filmico strano, misterioso, molto diverso dai film da Oscar che vincevano nel passato, una contaminazione di stili e generi che non ricerca una sintesi armoniosa, un patchwork eterogeneo che insegue linee divergenti come il multiverso ripreso dai film Marvel, l'action orientale di arti marziali, il melodramma familiare un po' weepie e un po' schierato per le minoranze e tocchi fantasy a gogò. I due registi sono all'opera seconda, avendo diretto il precedente "Swiss army man" che io non mi ero filato di striscio, e non mi sarei filato neppure questo se non fosse stato così tanto osannato e incensato con i massimi riconoscimenti mondiali, quando nell'uscita in sala da noi ad Ottobre aveva suscitato ben poca attenzione ed entusiasmo nel pubblico nostrano. Cosa dire sul film in termini estetici? È possibile farne un'analisi svincolata dall'aura ingombrante di fenomeno che il film ormai detiene grazie ai premi e al tam tam mediatico? A mio parere il film vive di folgorazioni audiovisive e di una regia che sa piazzare invenzioni surreali quando meno te lo aspetti e con risultati di buona efficacia, il tutto ben assemblato in un montaggio di superiore intelligenza e precisione. Quello che un po' lascia a desiderare, invece, è una scrittura, dovuta sempre ai due Daniels, che dopo un po' non riesce a tenere il passo con la parte visiva e che risente di una struttura dispersiva del copione, nonostante ci siano indubbiamente spunti e idee interessanti sulle realtà parallele a cui si potrebbe aprire un'esistenza tutto sommato ordinaria. Dunque un film almeno in parte contraddittorio, che insegue un politicamente corretto che ci porta a simpatizzare con questa Evelyn e le sue tribolazioni familiari e lavorative nonostante evada le tasse e abbia portato il marito e la figlia a vederla come un modello non proprio esemplare di madre e moglie, e dall'altra una pellicola che vuole superare questo schema un po' rigido con trovate fuori dagli schemi e volutamente folli che fanno pensare alla commedia demenziale in cui erano specializzati i fratelli Russo, qui produttori (soprattutto i falli giganti utilizzati vistosamente da Jobu Topaki, ma anche altri tocchi pazzerelli e irriverenti). 3 Oscar per il cast sembrano un po' troppi, con Michelle Yeoh che almeno rende bene lo smarrimento emotivo di Evelyn e la sua audacia nell'affrontare i rischi del multiverso per riportare un po' di ordine nella sua famiglia, ma che certo non arriva alla ricchezza della caratterizzazione di una Blanchett, o anche di una Williams; un Ke Huy Quan simpatico e a tratti toccante, ma per cui il riconoscimento appare ugualmente esagerato; una Stephanie Hsu molto brava nello sdoppiamento esilarante fra la complessata Joy e la terribile Jobu, che avrebbe meritato la statuetta molto più di una Jamie Lee Curtis funzionale e poco più in un ruolo minore, che incassa l'Oscar essenzialmente per meriti retroattivi. Nel complesso un film che ha incassato 110 milioni di dollari in tutto il mondo, cifra certamente buona ma non eccezionale, che non meritava di battere opere nettamente superiori come "The Fabelmans" o "The Banshees of inisherin", e che tutto sommato si lascia guardare e talvolta sorprende con trovate perfino filosofiche come le scene dei sassi, certamente originali e anche gustose in un insieme un po' traballante, ma tant'è, aspettiamo il nuovo film dei Daniels dopo tanti onori, riusciranno ancora a stupire? Voto 7/10

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