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Cappuccetto Rosso (Red Riding Hood)

Regia di Giacomo Cimini vedi scheda film

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La recensione su Cappuccetto Rosso (Red Riding Hood)

di undying
2 stelle

Della serie: troppo brutto per essere vero!

 

locandina

Cappuccetto Rosso (Red Riding Hood) (2003): locandina

 

Dopo la morte del padre, politico impegnato nella lotta contro la corruzione e la degenerazione dei costumi - assassinato in pieno esercizio delle sue funzioni - la dodicenne Jenny (Susanna Satta) viene abbandonata dalla madre. La disinvolta mamma, ben poco avvilita per lo stato prematuro di vedovanza e dopo essersi accompagnata con un toy boy, da New York fa trasferire la piccola figlia a Roma, garantendole comunque un benessere economico che le permette di prendersi cura di se stessa. Jenny trova aiuto e conforto solo nel fedele George (Simone Dipascasio), suo cane d'infanzia cresciuto e mutato in forma umanoide. Sviluppa in breve tempo un senso distorto della giustizia, agendo in maniera radicale verso coloro che ritiene essere peccatori, riversando così le colpe della negligente madre sul prossimo e portando avanti le idee moralistiche del padre. Assieme a George, intraprende una campagna punitiva che sfocia nel delitto, a danno delle persone che reputa meritevoli di condanna a morte: una donna cleptomane, un dentista che ha una relazione fedifraga, un barbone che la ricatta. Ma rischia molto anche la nonna Rose (Kathleen Archebald), un'attrice teatrale che dall'America è giunta in Italia per riportarla a New York.

 

messy-georgeCappuccetto Rosso (Red riding hood): l'ex cagnolino di Jenny

 

Vien da credere che Chi sei? (1974) sia stato un bel colpo di culo, dato che anche nel caso di Red riding hood buona parte del (de)merito, più che al regista Giacomo Cimini, va attribuita ad Ovidio G. Assonitis, produttore e sceneggiatore d'un film che definire brutto è un complimento. Un insieme di indescrivibili situazioni, al limite del credibile (e del pensabile), fa il paio con interpretazioni penosamente surreali, a cominciare dalla presenza (poi si scopre essere fittizia, ma non fa fatto) d'un cane cresciuto al punto di camminare su due piedi, esattamente come un uomo, che indossa qualcosa di simile a un sacco d'immondizia nero, stivali rossi e maschera da divinità egizia (Anubi). È lui che, pedalando in bicicletta lungo le vie di Roma, esegue gli ordini di questa orribile bambina, resa sullo schermo di un'antipatia più unica che rara. Parla, parla, parla e straparla spesso con voce fuori schermo, facendo pistolotti moralistici estremizzati sino al delirio e, ahinoi, è costantemente sulla scena. Una musichetta da opera classica accompagna ininterrottamente l'azione, mentre gli interpreti secondari si adeguano alla trasandata messa in scena, offrendo recitazioni da parodia (involontaria). Cimini poi ci mette del suo, girando peggio d'uno studente autodidatta ed esuberante, riuscendo a rendere nullo persino il contributo di Sergio Salvati alla fotografia, uno che - lo ha dimostrato sui set di Fulci - conosce molto bene il mestiere. Che Susanna Satta sia qui alla prima e ultima esperienza come attrice non sorprende più di tanto, così come il fatto che Cimini (anche lui all'esordio come regista) dopo una successiva e breve collaborazione televisiva, sia rimasto lontano dalle macchine da presa per 17 anni, sino al 2020 (Il talento del calabrone). Vedere un film come Red riding hood ha davvero un effetto collaterale, quasi paragonabile a quello d'un vaccino: una iniezione di trash da sconvolgere la vista e i sensi. Nella vaga ipotesi che si riesca a raggiungere i titoli di coda (con crediti pazzi, dove tra nome e cognome dei coinvolti ci sta spesso una K), l'esperienza ti spinge a riconsiderare tutti i parametri e i limiti che stanno dietro alla cinematografia: dalla sceneggiatura alla recitazione, dalla regia al montaggio. Se questo non raggiunge il grado zero della settima arte, difficilmente qualche altro titolo potrà comunque fare di peggio. Fruibile su "Amazon Prime", non prima d'aver assunto un calmante o un buon sonnifero, nella speranza di addormentarsi senza doverlo subire per intero!

 

FA0279-hard-candy-backdrop

 

Curiosità 

 

Durante l'inseguimento alla cleptomane, colpevole di avere rubato una bottiglia di vino, assistiamo a una scena nella metropolitana romana che è un'evidente riproposizione dell'analogo momento presente in Un lupo mannaro americano a Londra (John Landis, 1981). Così come la sequenza della vittima assassinata con una pistola spara chiodi, mentre guarda da un foro, rimanda a Opera (Dario Argento, 1987).

 

Nel 2005 David Slade realizza Hard Candy, un film sull'attività di un perverso fotografo che adesca, tramite chat, ragazzine men che sedicenni e le plagia sino a farsi seguire in uno chalet di campagna, dove le sottopone a tormenti e torture indescrivibili. Un bel giorno però, s'imbatte in Hayley, una ragazzina apparentemente facilona e di larghe vedute. Anche lei una "Cappuccetto Rosso" in cerca di giustizia.

 

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Cappuccetto Rosso (Red riding hood): Antonella Salvucci nei panni di Maria, l'amante del dentista

 

"La paura non è così difficile da capire. Dopo tutto, non siamo stati tutti spaventati da bambini? Nulla è cambiato da quando Cappuccetto Rosso ha affrontato il lupo cattivo. Ciò che ci spaventa oggi è esattamente la stessa cosa che ci spaventava ieri. E’ solo un lupo diverso. Questo complesso di paura è radicato in ogni individuo."
(Alfred Hitchcock)

 

F.P. 22/11/2021 - Versione visionata in lingua italiana (durata: 89'43")

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