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Elvis

Regia di Baz Luhrmann vedi scheda film

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Souther78

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La recensione su Elvis

di Souther78
7 stelle

Interessante spaccato da dietro le quinte del rapporto tra Elvis e il suo impresario, che suscita una più generale riflessione sulla fabbricazione ad arte dei miti contemporanei. Compiacente e a tratti superficiale, non delude nella messinscena e nelle prove attoriali.

Il mito di Elvis spiegato forse come mai prima: la mercificazione del cantante, sistematica e preordinata,  a opera del suo impresario. Attraverso la narrazione di "Tom Parker", comprendiamo per quale ragione il musicista sia divenuto il mito che è passato alla storia, osannato dalle folle, celebrato e imitato perfino a distanza di decenni. Dietro a quel mito, un'operazione commerciale volgarissima, che arriva a speculare perfino sui sentimenti negativi nei confronti dell'artista (bene o male, purchè se ne parli!). Da lì la riflessione potrebbe estendersi alla società, sia quella dell'epoca che l'attuale: ragazzine (ma anche donne) in visibilio per un movimento di anche, e politica e giustizia volte a reprimerlo per indecenza. Effimeri i valori, effimeri gli eroi (o antieroi, a seconda del punto di vista). Quando veneriamo "il re del rock'n'roll", in ultima analisi stiamo venerando un ragazzino idealista e disagiato, che si è evoluto in un giovane ribelle e disagiato, che si è trasformato in un adulto immaturo e disagiato, accumulatore, materialista e narcisista. Il tutto, realizzato e corroborato da un impresario del quale perfino il nome era una truffa. Il regista, graziosamente, ma probabilmente anche "astutamente", omette di dar conto delle squallide circostanze della morte di Elvis, e delle sue reali condizioni psicofisiche degli ultimi anni. In questo senso, anche il film sembra ingannevole, o perlomeno compiacente. Ciononostante, risulta difficile solidarizzare con il protagonista, la cui dimensione psicologica è decisamente in sordina, rispetto allo spettacolo: qui spicca l'attore, che dà prova di eccezionale versatilità, esibendosi con carisma e intensità.

 

La durata risulta un poco eccessiva, rispetto a ciò che l'opera aveva da dire, e l'incipit alquanto confusionario, presumibilmente nell'intento di stupire e innovare. Le coreografie sono eccellenti e vengono ben padroneggiate dal tocco del regista nel montaggio finale.

Il film, in generale, sembra indeciso e sospeso tra due anime contrapposte: quella drammatica, e di "denuncia", e quella lieve e di intrattenimento. In una certa misura, questa dicotomia arricchisce l'opera, evitando che si appiattisca troppo in un genere, ma dall'altro lato sembra conferirle un'incertezza di fondo che potrebbe poi sfociare nel quesito finale: "Cosa avrà voluto comunicare esattamente il regista?". Sicuramente lo spettatore non potrà immedesimarsi nel protagonista, bensì, semmai, in uno dei suoi "sudditi". In questo caso, la morale sottesa potrebbe rispondere al quesito: "Perchè abbiamo bisogno di idolatrare persone vuote e miti artificiali?". La risposta, comunque, sarebbe banale: perchè preferiamo l'appagamento rispetto allo stimolo, ed essere assecondati rispetto a metterci in discussione.

 

In definitiva, un bello spettacolo di colori, luci, costumi, coreografie, ampiamente compiacente nei confronti del suo protagonista, un po' arrancante nella seconda parte, con attori capaci e ben diretti, debole sotto il profilo psicologico ma robusto quanto a intrattenimento. Peccato soltanto perchè, a voler portare il tutto alle proprie naturali conseguenze, si sarebbe potuto mettere in risalto l'aspetto della fabbricazione a tavolino dei miti contemporanei in generale, e di quello di Elvis in particolare. Questo, però, si sarebbe tradotto più in una colpevolizzazione dei fan che dei loro divi, e quindi in un fiasco di consensi...

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