Regia di Ingmar Bergman vedi scheda film
L'immagine di quella figura nera dal volto pallido, che gioca a scacchi con un cavaliere nobile, affetto da interrogativi e pensieri, è una delle grandi esposizioni di bellezza e inebrianza che il mondo del cinema ha saputo dare come piccolo dono verso l'umanità. La maestria di uno scandinavo, in un'opera solida di allegorie, ricordi e difficoltà esistenziali, fondamenta dell'onnipotenza incarnata in un film. Il settimo sigillo ci porta in una Scandinavia medievale incalzata da(i) tragedia, calamità, dipinta con tinte violacee e plumbee e con una, devota, piega religiosa.
È un film ( anche se film è un termine abbastanza riduttivo) che ti percuote l'animo. Una perfetta impersonificazione filmica della tempesta di neve (quadro di William Turner, 1842) che trae sotto le sue spire le menti (sempre ben aperte) bramose di convivere (artisticamente parlando) con Bergman.
Soffre di balzi di genialità (regia, sceneggiatura, fotografia ecc.) che rendono il Settimo Sigillo un'opera che è avanti anni luce rispetto al periodo nel quale è stato pensato e realizzato. Non zoppica, non urta con piccole eresie e non si lascia trasportare da ordinarietà.
È dieci gradini sopra la vera armoniosità e la pura lirica ma cento gradini sotto quello che Dio ha scritto su carta:
"Nel suo profondo vidi che s'interna,
legato con amor in un volume,
ciò che per l'universo si squaderna"
~Paradiso XXXIII
Giudizio finale:9.5
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