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Memento

Regia di Christopher Nolan vedi scheda film

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La recensione su Memento

di jonas
10 stelle

Ogni tanto, in una fantasticheria cinefila, mi viene da pensare: se nel 1941 avessi assistito per caso al film di esordio di un giovane regista su un miliardario morto, avrei saputo riconoscere il capolavoro? o lo avrei respinto, sconcertato da una struttura troppo audace? o ne sarei rimasto colpito, pur con qualche perplessità (l’ipotesi più probabile)? Ecco, su questo film posso dirlo con un pizzico di orgoglio: ho capito subito che si trattava di qualcosa di veramente nuovo e rivoluzionario. La vicenda di partenza è semplicissima: un uomo cerca l’assassino di sua moglie, per vendicarsi. Si complica subito con l’inserimento di poliziotti e spacciatori di droga; ma non è questo il punto. Il punto è che il protagonista ha una memoria tanto labile da dimenticare cose accadute pochi minuti prima (per ovviare in parte all’inconveniente adotta un complesso sistema di informazioni fatto di foglietti, foto, tatuaggi) e che la storia è spezzettata in tante sequenze della durata (appunto) di pochi minuti. Non solo: le sequenze appartengono a due serie diverse che si alternano fra loro e che divergono dal punto di vista temporale (una, in bianco e nero, si svolge in ordine cronologico; l’altra, a colori, in ordine inverso); cosicché ci si trova presto in uno stato confusionario simile a quello del protagonista, si è costretti a custodire con attenzione i propri ricordi per cercare di capire cosa sta succedendo. Non solo: nelle sequenze in bianco e nero viene ricostruita attraverso successivi flashback la storia di un altro personaggio con un grave disturbo della memoria, che costituisce una sorta di doppione del protagonista. A volte lo stacco fra due sequenze nasconde una rivelazione (la barista cambia il bicchiere di birra perché ci aveva sputato dentro); a volte lascia intendere che una rivelazione ci sia, ma non è così (il rogo degli oggetti appartenuti alla moglie): non tutti i punti di svolta sono necessariamente significativi. Nolan avverte il rischio di sconfinare nel formalismo fine a sé stesso, e alla fine cerca di introdurre una morale (la necessità di un nemico che dia un senso alla propria esistenza); ma non ce n’è bisogno, il risultato è perfetto già così: forse è esagerato dire che il film reinventa il cinema, ma certo ci fa tornare a essere come gli spettatori dei Lumière, bambini stupiti che si chiedono “e adesso cosa succede?”. Per ora si tratta ‘soltanto’ di purissimo cinema; per fare di meglio, a Nolan serviva una storia che desse l’impressione di non essere un mero pretesto per artifici narrativi: bisognerà aspettare appena qualche anno, fino a The prestige.

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