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Non ho sonno

Regia di Dario Argento vedi scheda film

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La recensione su Non ho sonno

di maghella
6 stelle

Questo è l'ultimo film di Dario Argento che mi piace, dopo il declino (per ora) senza sosta.
Un Serial Killer chiamato «il nano» (e qui non vorrei fare richiami alla nostra condizione politica attuale) ritorna dopo quasi vent'anni a colpire e ad uccidere con le stesse modalità che l'aveva contraddistinto in passato: sulle vittime, come firma, veniva lasciata una piccola sagoma di carta raffigurante un animale.

Il detective in pensione Ulisse Moretti (Max Von Sydow) ritorna a seguire le indagini insieme all'unico testimone dell'ultimo omicidio di molti anni prima, Giacomo (Stefano Dionisi), che all'epoca solo un ragazzino aveva assistito all'uccisione della madre senza però vedere l'assassino in volto.

Dario Argento scrive soggetto e sceneggiatura insieme a Franco Ferretti, collabora alla sceneggiatura anche Carlo Lucarelli. Prodotto insieme al fratello Claudio, i Goblin alla colonna sonora, Gabriele Lavia nel cast, Torino come sfondo alla storia... insomma sembra che Dario Argento ritorni al cinema con un approccio che ricorda tanto le origini, e in effetti tutto il film è in odore di «passato».

C'è una filastrocca degli animali, «La Fattoria della Morte", come tema conduttore di tutto il film (scritta da Asia Argento) che è la guida agli efferati omicidi, infatti le vittime (tutte donne) hanno le caratteristiche dell'animale della fattoria che di volta in volta la filastrocca propone e che l'assassino segue meticolosamente. Così se la strofa dice: «cinque del mattino: il fattore è nel giardino; accarezza il coniglietto poi lo sbatte nel muro per diletto», la vittima designata ha i denti incisivi molto prominenti.
Se la la strofa dice: «Sei del mattino: al cigno più bello ha tagliato la testa... ormai nessun nemico gli resta», la vittima è una ballerina de «Il lago dei cigni»... e così via.

Purtroppo la storia di per sé non prende molto, rimane un po' forzata nella trama, tra un presente e un passato che non funziona come per «Profondo Rosso», rimangono molte lacune che convincono poco e rendono la storia non scorrevole.
Come per i vecchi gialli di Argento (e di tanti altri grandi registi di fama negli anni '70), anche qui i protagonisti sanno di non ricordare qualcosa di molto importante, che risulterà poi fondamentale per la soluzione finale.
Finale con sorpresa, ma «rabberciato» e poco credibile,  comunque accettabile.

La cosa che reputo ottime in questo film (davvero l'ultimo atto credibile di Argento) sono le scene dei delitti. In tutti gli omicidi ritorna la maestria di Argento, che si ricorda di essere un grande e lo dimostra. La scena iniziale del treno in corsa nella notte con i finestrini illuminati, la scena dell'omicidio della vittima «coniglietto», la scena della ballerina con la lunga sequenza del tappeto rosso con l'inquadratura delle scarpe dei passanti fino ad arrivare alle scarpette sospese della ballerina, in tutte queste scene c'è ancora il Dario Argento che tanto mi piace, quello che ci porta nei suoi deliri, che ci fa spiare le vittime con gli occhi dell'assassino, che utilizza la soggettiva per i particolari per poi salire in alto sopra i tetti delle ville torinesi.

Dario Argento è sempre stato un visionario, uno che ha utilizzato il cinema per esorcizzare i propri incubi, per questo motivo l'ho sempre sentito vicino alla mia personalità, per questo stesso motivo veniva duramente criticato da un altro grande regista di horror, Lucio Fulci, che asseriva che questo attaccamento personale alle proprie paure rendeva Argento poco lucido nel vedere i limiti del suo lavoro, rimanendo così schiacciato da ciò che tanto lo angosciava.

Riporto per intero la filastrocca de «La fattoria della morte", che trovo molto carina...

"È arrivata mezzanotte, con il letto faccio a botte, ora inizia la mia guerra con le bestie della terra.
Una del mattino, il fattore è felice come un bambino, sgozza il maiale più bello e si libera del primo fardello.
Due del mattino, ora tocca al gallo, usa bene il suo strumento, per la morte è un godimento. Tre del mattino, il fattore strangola il pulcino, "L'insonnia mi tormenta!", si rigira nel letto e si lamenta.
Quattro del mattino, ha acchiappato un gattino, ma poiché l'ha graffiato, nell'acqua gelata l'ha affogato.
Cinque del mattino, il fattore è nel giardino, accarezza il coniglietto, poi lo sbatte al muro per diletto.
Sei del mattino, al cigno più carino, il fattore ha tagliato la testa, ormai nessun nemico gli resta.
Ecco arriva il nuovo giorno, il fattore si leva di torno, le sue armi può posare e finalmente può dormire"

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