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La calda amante

Regia di François Truffaut vedi scheda film

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La recensione su La calda amante

di Baliverna
9 stelle

Un uomo con famiglia si tuffa a carpio in una relazione con una hostess, senza pensare a nulla, ma la realtà è ostinata e presenta il conto da pagare. Ottima prova di Truffaut.

Devo dire che mi è proprio piaciuto questo film di Truffaut, che mancava da tempo immemorabile dal piccolo schermo, e che ora ho potuto vedere grazie a Fuori Orario.

Il regista narra con uno stile secco e quasi da cronaca una storia in realtà molto intensa e a forti implicazioni sentimentali, senza enfatizzare troppo nessun passaggio. Tuttavia, lo spettatore si ritrova molto coinvolto dalla trama, e quello che gli perviene è una pellicola tutt'altro che fredda e asettica. Qualche volta il regista gioca con le attese dello spettatore – come nel caso di lei che si mette la gonna nella stazione di servizio, o la signorina venuta per un autografo – ma da un altro punto di vista questa si potrebbe semplicemente chiamare libertà narrativa.

Accanto a questa – forse apparente – freddezza, il film ci regala momenti di poesia e di lirismo, e momenti di erotismo, come quando lui guarda il corpo di lei addormentata sul divano.

Alcuni elementi della vicenda mi hanno in un certo modo colpito. Ad esempio il fatto che il protagonista si tuffi a pesce in quella relazione, come se fosse stato un scapolo impenitente, senza neppure pensare alla sua famiglia e alla sua posizione. Davanti a quei piedi che sbucano da sotto la tenda decide già tutto, senza tentennare un attimo. Sembra che solo verso la fine, tardivamente, inizi ad aprire gli occhi sul burrone in cui sta precipitando per la stupida testardaggine di andare comunque avanti nella sua scelta. I dubbi crescenti dell'amante, infatti, come pure il dolore della moglie e le grigie prospettive per la figlioletta, infatti, non sembrano scalfirlo se non alla fine.

È difficile non pensare ad un altro film del regista che ha molto in comune con questo, cioè “La signora della porta accanto”. Evidentemente storie come queste erano molto sentite da Truffaut, che sapeva raccontarle senz'altro molto bene.

La cinepresa è piuttosto mobile, il ritmo sostenuto, e non ho visto nessuna inutile lungaggine e nessun indugio superfluo, né errori veri e propri. Non è poi così frequente. In ogni caso, si vede ancora una volta l'abilità e il talento di un regista che aveva il mestiere nel sangue.

L'episodio della conferenza a Reims possiede addirittura una certa tensione, che tiene lo spettatore col fiato sospeso.

Françoise Dorleac è bella sì, ma non calda, come vorrebbe il titolo italiano; possiede anzi come una bellezza fredda e levigata. Una volta in più, il titolo italiano è fuorviante e inutilmente pruriginoso. Quello originale no, perché esprime il punto di vista del protagonista. A proposito, qualcuno lamenta l'inespressività di Jean Desailly, ma secondo me se la cava bene. Anzi, certi suoi sguardi desolati, assenti o preoccupati, sono sicuramente riusciti.

Come curiosità, compare una scenetta dove un gattino va a leccare il vassoio della colazione posto davanti alla porta della camera. Proprio quella che gira, a fatica, la troupe di “Effetto notte”, che allora è proprio un film autobiografico....

Le molte obiezioni del Mereghetti e degli altri utenti del sito non mi dissuadono dal ritenere questa pellicola un prodotto senza difetti, al quale poco manca alla perfezione vera e propria.

 

 

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