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What Josiah Saw

Regia di Vincent Grashaw vedi scheda film

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La recensione su What Josiah Saw

di GIANNISV66
9 stelle

Spietato ritratto di famiglia a tinte gotiche, le oscurità della quieta provincia americana messe a nudo senza sconti da Vincent Grashaw, che regala al pubblico uno dei migliori drammi psicologici visti sullo schermo da parecchi anni a questa parte. Un film straordinario!

L’orrore più disturbante non è legato a fenomeni soprannaturali, piuttosto si nasconde nelle pieghe di una quotidianità forzatamente quieta e sorridente.

Questo non è a dire il vero un concetto di grande novità, eppure la capacità di Vincent Grashaw di raccontare una storia partendo da questi presupposti è straordinariamente potente.

Il vecchio Josiah Graham vive insieme al figlio minore Tom, un bigotto affetto da un chiaro disagio sociale. Gli altri due figli, Eli e May, vivono lontano e le loro strade hanno seguito binari molto differenti: il primo ha problemi di tossicodipendenza, sopravvive di espedienti e ha frequentazioni parecchio discutibili, la seconda sembra aver annegato le sue inquietudini e le sue sofferenze frutto di un passato problematico (e che l’hanno portata a rinnegare la possibilità di essere madre) nell’abbraccio di un matrimonio borghese che appare tutt’altro che felice.

Un ricca offerta alla proprietà dei Graham da parte di una compagnia petrolifera costringe i familiari a una imprevista ed indesiderata riunione, che rappresenterà in qualche maniera (ma quale non lo diciamo per non rovinare un finale tanto sconcertante quanto azzeccato) la strada (forse) per una resa dei conti e una chiarificazione definitiva.

 

What Josiah Saw non è un film horror ma un film “dell’orrore”.

L’orrore che si nasconde dietro il sogno della famiglia americana, i cui componenti tutti puliti e precisi si presentano la domenica alle funzioni religiose (come viene ricordato in un passaggio in cui si parla della madre dei Graham, devota al Signore e morta suicida impiccandosi ad un albero), l’orrore che porta a fuggire il più lontano possibile oppure a restare rassegnandosi a ciò che non può essere accettato.

Un fosco dramma psicologico a tinte gotiche, costruito con rara maestria da Vincent Grashaw, che suddivide la narrazione in capitoli (uno per ognuno dei fratelli) attraverso i quali scandaglia le figure dei protagonisti per presentarli in tutte le loro apparenti contraddizioni, non chiarendone le sfaccettature ma mettendone piuttosto in risalto le linee d’ombra.

Personaggi marchiati da eventi passati che ne condizionano le personalità e ne determineranno il destino finale. Alcuni passaggi potranno forse apparire slegati ma tutto il narrato troverà la giusta correlazione in un finale che non lascerà indifferenti gli spettatori.

 

Un film straordinario sorretto da una serie di interpretazioni eccellenti, su tutte quella di Robert Patrick, nel ruolo dello spietato ed anafettivo padre padrone, per la cui prova sarebbe stata veramente doverosa una candidatura all’Oscar. Ma indiscutibilmente bravi anche Nick Stahl, Scott Haze e Kelli Garner nell’impersonare i devastati fratelli Graham, con una nota particolare per Scott Haze, che nei disfatti e problematici panni di Tom Graham lascia davvero il segno.

 

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