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Todo modo

Regia di Elio Petri vedi scheda film

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La recensione su Todo modo

di logos
8 stelle

Todo modo, tratto dall’omonima opera di Sciascia, è una denuncia sull’autoreferenzialità di un potere politico e religioso che non è più in grado di dirigere una società civile in rivolta, e che deve rimarcare a se stesso le proprie colpe affinché possa rigenerarsi per una nuova strategia di sopravvivenza.

 

Il film assume valenze surreali e grottesche e con maestria diventa un vero e proprio manifesto di impegno civile e politico contro un sistema dirigenziale corrotto, vorace verso l’esterno e al suo interno.

 

Il ceto dirigente (politico e industriale) a causa di un’epidemia si ritrova in un centro religioso con le sue aule bunker per praticare gli esercizi spirituali di Loyola grazie alle direttive spirituali di don Gaetano (Mastroianni). Il presidente di questo ceto, impersonato dal gran Volonté, allude alla figura di Aldo Moro, sicché il ceto dirigenziale raffigura gli esponenti politici ed economici della democrazia cristiana, in un periodo particolare, quello degli anni di piombo, in cui si fa sempre più stringente la necessità di un governo di unità nazionale che coinvolga anche le forze di sinistra. A volere questa mediazione è proprio il presidente del partito, che è poi una mediazione tra imprenditori e operai, prezzi e salari, politica e società civile, capitale e forza lavoro, destra e sinistra. Gli esercizi spirituali capeggiati da don Gaetano sono la chiara significazione che il ceto dirigente politico e industriale deve necessariamente sottostare ai dettami della chiesa cattolica, in altre parole il potere temporale deve rigenerarsi in obbedienza a quello spirituale affinché il potere sia cattolico democratico (demo-cristiano).  

Il potere spirituale tuttavia è scontento di quello politico. Don Gaetano lo dice chiaramente: il maltolto è un furto e deve essere restituito. In un primo momento sembrerebbe che il prete sia in qualche modo a favore del popolo e screditi il ceto dirigente, in realtà vuole soltanto indebolire il potere del ceto dirigente ma quel tanto che basta perché ritorni nell’ovile cattolico romano.

 

Inizia dunque una lotta intestina tra le stesse correnti del potere politico-industriale e tra il potere politico-industriale e religioso. La lotta non risparmierà nessuno. Piano piano cadono ammazzati alcuni esponenti del ceto industriale e politico ma anche quello religioso raffigurato nella persona di don Gaetano, e questo perché se è vero che i due poteri sono in contrasto al tempo stesso non possono fare a meno l’uno dell’altro, perciò il loro destino è una discesa nell’inferno o in altri termini una catena di morti anche entro il perimetro del giardino del centro religioso, dove accanto ai cadaveri sparsi, nel finale, soccomberà pure il presidente Volonté.

 

Un’opera cruda spietata, onesta e lucida nell’analitica della corruzione e della autoreferenzialità di  un potere che per la sua voracità paranoide distrugge se stesso per questioni di potere. Per rendere ancora più precipuo il messaggio, il tutto è ambientano in spazi chiusi, macabri, con statue di monaci in assetto di guerra o che raffigurano un cristo sofferente dai tratti romani.

 

Un’opera visionaria e veggente sulla fine della prima repubblica e sulla tragedia che di lì a poco sconvolse il popolo italiano con l’uccisione di Aldo Moro da parte delle brigate rosse. Ed è proprio per questa tragedia che questo film di grande spessore civile risulta scarsamente reperibile.

Regia impeccabile.

Volonté straordinario come sempre con un Mastroianni luciferino in eccelso stato di grazia.

Ciccio Ingrassia spicca per le sue qualità drammatiche con una Mariangela Melato in perfetta sintonia con i suoi stili interpretativi.

Un modo di fare film, a mio avviso, che non possiamo che rimpiangere…

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