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Educazione fisica

Regia di Stefano Cipani vedi scheda film

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La recensione su Educazione fisica

di lamettrie
9 stelle

Un gran bel film italiano, ottimamente recitato, su argomenti eterni di morale, società e diritto. In linea con la grande tradizione della tragedia. Una terribile immersione nei più vari tra i difetti di cui l’essere umano è capace. E in modo apparentemente legittimo: se ci sono di mezzo i figli, è come se ci fossi di mezzo io stesso. Che sono disposto a qualunque menzogna ed a qualunque crimine, pur di uscirne pulito. O almeno credo.

Infatti la coscienza è devastata, e la vita non sarà più la stessa, a meno dell’unico giusto gesto: la collaborazione con la giustizia per il ristabilimento della verità. Il film, abilmente, finisce però prima, di ogni eventuale resipiscenza: quando tutti i convenuti sparano tutte le cartucce, aggiungendo così reato su reato, per salvare se stessi e i loro figli. Non si sa cosa accadrà dopo: come vivranno poi tutti i correi. Certamente molto peggio di prima, come mostra il loro sconvolgimento, nonostante i tentativi di sopravvivenza dalla legge.

La sceneggiatura, tratta da un testo teatrale di Scianna, è splendida. Trattandosi di alto teatro, sulla scia greca, per forza il nucleo sono il pensiero e le parole. Con grande riferimento al presente: diffusione di video sui sociali… Splendido il non detto, specialmente quando i genitori vedono il video che prova il reato dei figli…

Pirandello incombe sempre: tra cervelloticità, autogiustificazioni forzate, scontro fra egoismi, inattendibilità delle apparenze, esplosione delle emozioni che fanno crollare la fragile barriera del controllo razionale…

Grande il cast: Rubini, sfigurato dagli anni, una spanna sopra gli altri, ma Santamaria e Finocchiaro non sfigurano. Bravissima anche la Mezzogiorno, nella parte della preside moralista, incattivita dai propri pregiudizi. Splendide anche le altre maschere. Santamaria interpreta il laido uomo d’affari capitalista: un agente immobilitare, volgare nell’intimo ma non certo privo di mezzi intellettivi. Abituato a mentire, a sguazzare nei reati per arricchirsi, sperando che poi col denaro tutti i problemi si risolvano. Ma alla fine è meno peggio lui di tutti, dopo il colpo di scena tremendo: gli altri cercano ancora di barcamenarsi eludendo il diritto. La coppietta dei semplici, miti e buoni, si trasforma in bestiale: devono tutelare il figlio adottato, che è tutta la loro vita (il film mostra chissà quali frustrazioni sono state compensate attraverso quella scelta dell’adozione, per altri versi ovviamente encomiabile).

Notevole anche la figura della preside: non passa subito, come avrebbe dovuto, attraverso l’applicazione della legge. Perché? Il film fa capire che ha la coscienza sporca, come dicono i suoi accusatori. Infatti quella palestra (chissà quanto altro, sembra!) non è a norma: e lei muore proprio per quello. E poi l’assenza di sorveglianza quando furono commessi i reati…

Terrificante il vizio riprodotto, tipicamente italiano, del ripulire i danni stando ben lontani dalla giustizia. Aggiustamenti privati, che favoriscono in particolare i ricchi, gli spregiudicati, gli arroganti e i violenti.

Eccellente è la resa del conflitto interno dei genitori: amore filiale e giustizia si scontrano e, fallendo, i genitori affossano la giustizia, credendo così di salvare i figli. Rovineranno anche i figli, con quella mossa diseducativa.

Scenografia (una sola: una palestra fatiscente,) e luci (fondamentali in quel contesto simil teatrale) sono ottime. Così come montaggio e soprattutto la fotografia, di Fabio Cianchetti: splendida le inquadrature dietro allo sporco vetro zigrinato...

Il peggio dell’umanità, in nome del sempre giustificabile “amore” che supera ogni altra considerazione. Ma che, nel suo individualismo, antisociale, può fortificare i criminali e offendere ancora di più le vittime. Splendida anche l’incertezza che, giustamente, aleggia sempre sul caso. La vittima, qui, è veramente solo una vittima? Non si direbbe, anche se il buonista (lì, la preside) non vorrebbe mai sentirlo dire. Il problema è che, negli eccessi della autoprotezione narcisistica, ci perdono tutti.

 

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